Berlusconi fa il mediatore per Gaza
Non più due giorni, ma forse solo uno. «Ma ancora non si sa nulla. Tutto dipende da una telefonata», spiega un collaboratore del premier. La telefonata in questione è di quelle importanti, dall'altra parte della cornetta c'è il presidente egiziano Mubarak. A dirla tutta, nell'arco della giornata Berlusconi è rimasto in contatto costante con il leader egiziano. E non solo con lui: telefonate ci sono state anche con i suoi colleghi (Sarkozy, Merkel) o quasi (Erdogan). Il tutto mentre il presidente del Consiglio si trovava in macchina, nel pieno entroterra della Sardegna, in direzione Nuoro e dintorni. In un ruolo per il Cavaliere sempre più ricorrente e che gli sta anche particolarmente a cuore, quello di mediatore internazionale, Berlusconi trascorre gran parte della giornata al telefono. Arrivato al Nuraghe Losa, primo stop del giro elettorale, il premier ad alcuni giornalisti spiega subito di essere pronto ad andare a Sharm El Sheikh, per il vertice sulla pace a Gaza (convocato per questo pomeriggio). «Israele non ha dato una risposta definitiva sulla tregua - afferma Berlusconi - ma ove ci fosse e a Mubarak interessasse di ufficializzarla alla presenza dei quattro più importanti Paesi, è chiaro che sarò presente. Comunque alle 13 sento Mubarak». E così è stato. Il capo del governo arriva in un albergo di Nuoro all'ora di pranzo. E non perde tempo. Dalla sua stanza al terzo piano parla per la seconda volta con il presidente egiziano, facendo con lui una valutazione degli ultimi sviluppi. «Mubarak è molto ottimista e fiducioso perché ha riferito che i vertici israeliani hanno dato garanzia sul fatto che ci sarà il cessate il fuoco unilaterale da parte di Israele», spiega il premier al termine della telefonata. Unilaterale «perché Israele non può trattare direttamente con Hamas». E se ciò si concretizzerà «penso sia giusto e opportuno che io vada a Sharm el Sheikh, anche come presidente del G8». In sostanza, prima di prendere qualsiasi decisione sulla sua partecipazione al vertice egiziano (la conferma arriva solo in tarda serata), il capo del governo voleva garanzie sull'effettivo «cessate il fuoco». Ecco perché, c'è stato anche un altro colloquio telefonico con Mubarak nel tardo pomeriggio, subito dopo il comizio elettorale. Berlusconi, inoltre, respinge al mittente le accuse secondo le quali l'Italia doveva «reagire» in modo diverso rispetto alla guerra tra Hamas e Israele. «Sapevamo che Israele non si sarebbe fermato, lo sapevamo in maniera chiara e quindi non ci siamo messi dentro iniziative inutili destinate a non avere fondamento». Il premier, a chi gli fa il nome di Massimo D'Alema, risponde: «Quando parlo di accuse mi riferisco ai tanti che hanno aperto la bocca solo perché avevano fiato...». Nella mattinata c'era stato un altro tentativo di mediazione. Berlusconi ha inviato, infatti, una lettera congiunta con il presidente francese Sarkozy, il premier inglese Brown e il Cancelliere tedesco Merkel a Mubarak e Olmert. Nella lettera si sostengono gli sforzi dei governi israeliano ed egiziano per giungere ad un cessate il fuoco duraturo e si manifesta la disponibilità ad assumere una serie di misure tese a facilitare il raggiungimento di questo risultato. Oggi intanto, il vertice di pace.