Decreto anticrisi, scontro sulla fiducia Fini: "Non si rispetta il Parlamento"
Questa volta a fare da detonatore è stata la fiducia posta dal governo al decreto anticrisi. Fini intervenendo in Aula a Montecitorio ha usato parole taglienti contro la decisione di blindare il provvedimento. «In tanti anni ho ascoltato le molteplici ragioni per le quali il governo, avvalendosi di una sua prerogativa, ha deciso di porre la questione di fiducia - ha scandito Fini guardando verso il ministro dei Rapporti con il Parlamento Elio Vito, in quel momento in rappresentanza del governo - ma è la prima volta che ascolto porre la fiducia da parte del rappresentante del governo in onore del lavoro della commissione». A quel punto sono scattati gli applausi tra gli scranni dell'opposizione mentre i deputati del centrodestra si guardavano sconcertati. E Fini non si è fermato: «È anche la prima volta che sento dire che viene posta la fiducia in omaggio alla centralità del Parlamento. I lavori del Parlamento prevedono l'esame in commissione e poi l'esame in assemblea». Poi usando un tono di monito ha rimarcato che «è doveroso esprimere considerazioni politiche». «L'omaggio al Parlamento - avverte - lo si fa lasciandolo lavorare». Il che significa «non impedire ai deputati di pronunciarsi in Aula su un testo». A questo punto la bufera si è scatenata con gli azzurri in Transatlantico ad accusare Fini di arroganza e di voler tirare la corda a Berlusconi nella prospettiva del Pdl e a via della Scrofa i berlusconiani a cercare di smussare le polemiche: Fini ci ha abituato a questi strappi ma la rotta resta quella del Pdl. Bordate a Fini anche dalla Lega che ha voluto prendersi la rivincita dopo la bocciatura dell'emendamento sugli immigrati. Dal centrosinistra applausi. «Bene ha fatto Fini, la fiducia era immotivata» tuona il leader del Pd Veltroni seguito a ruota da tutti i suoi. Intanto il capogruppo del Pdl Cicchitto è partito all'attacco: «Non condividiamo il rilievo mosso al governo». E chiama in causa il regolamento che disciplina la fiducia che quindi «non può essere una mancanza di rispetto al Parlamento». Nel tardo pomeriggio è arrivato il punto di Berlusconi. «Per noi la fiducia era indispensabile». Alla domanda se la posizione di Fini fosse dovuta al suo ruolo, il premier si è portato la mano sulla bocca. In realtà il premier il suo pensiero l'aveva già esternato dietro le quinte del soggiorno in Sardegna: capisco che Fini si senta stretto nel suo ruolo istituzionale ma se ha questo problema bisogna discuterne insieme. Parole al fiele che devono aver caricato ancora di più il presidente della Camera. Così ieri Fini non ha lasciato cadere le dichiarazioni dal fronte azzurro. Ha fatto filtrare dalla presidenza della Camera che «la fiducia era necessaria ma non per le ragioni addotte dal ministro Vito, bensì per problemi connessi al dibattito interno alla maggioranza». A complicare lo scenario ci si è messa anche la Lega. Il capogruppo Cota riferendosi alla bocciatura di Fini alla tassa sul permesso di soggiorno, si è sfogato: «Lei è intervenuto nel merito di una vicenda, lei che oggi rivendica un ruolo istituzionale super partes, in quella circostanza lei è intervenuto nel merito».