Solo liberalizzando il mercato si serve l'interesse nazionale
Dopo una complicata gestazione, sta per giungere al termine la privatizzazione di Alitalia. La nuova compagnia, guidata da Roberto Colaninno e che avrà in Air France il principale azionista, si lascerà finalmente alle spalle una lunga storia d’intervento pubblico nel trasporto aereo. Indipendentemente dai giudizi che si possono esprimere su quanto è avvenuto negli ultimi mesi, nessuno rimpiangerà il passato, specie se si considerano gli alti costi che la compagnia di bandiera ha rappresentato per contribuenti e consumatori. Ma resta ancora da definire in che senso il governo intenda tutelare quell’interesse nazionale che in campagna elettorale ha spinto Silvio Berlusconi ad intervenire pesantemente nella vicenda, al fine di evitare la cessione di Alitalia ad una compagnia estera. Dietro l’espressione "interesse nazionale" si possono infatti leggere cose tra loro anche molto diverse. Esiste infatti una tradizione francese (la quale viene fatta risalire al ministro di Luigi XIV, Jean-Baptiste Colbert) secondo cui per tutelare una nazione si devono "proteggere" le proprie imprese, e in qualche modo chiudere il mercato. In ambito aereo questo si esprime, oggi, nello sciovinismo di un trasporto aereo d’Oltralpe in cui le compagnie low cost sono ostacolate al fine di favorire il "campione nazionale". A Nord della Manica, invece, l'interesse nazionale non concerne questa o quella impresa, ma i consumatori e i contribuenti nel loro insieme. A Londra prevale l'idea che aiutare i britannici significhi permettere loro di acquistare buoni prodotti e a basso prezzo: ovunque siano prodotti.E quindi anche volare con l'irlandese Ryanair, se è questo che vogliono. La ricetta londinese è assai più solida dal punto di vista teorico, e ha pure dato frutti migliori. Se si guarda al mercato del trasporto aereo francese, si è costretti a prendere atto che non è un modello. Dal 1997 (anno della liberalizzazione europea) al 2007, il mercato del trasporto aereo passeggeri è sostanzialmente raddoppiato nel Regno Unito (+92%), mentre è cresciuto solo del 52% in Francia. Perfino l'Italia - da vari punti di vista - le cose vanno meglio, dato che abbiamo un gran numero di aeroporti minori in crescita grazie alle compagnie "a basso costo". Nel 2007, gli italiani che hanno volato in Europa sono stati 59 milioni, contro 51 milioni di francesi. Quando si vuole favorire l'interesse del Paese, bisogna allora comprendere in che modo le imprese e le famiglie del Paese possono essere meglio servite: e non c'è dubbio che procedere velocemente verso la liberalizzazione dei diritti di volo sia la strada giusta. D'altra parte, l'accordo tra Cai e Air France - una sorta di prelazione sul destino dell'azienda - delinea un futuro non italiano per la "piccola" Alitalia risorta dalle sue ceneri. Presto privi di una compagnia davvero nazionale, non abbiamo di fronte che la strada di un'ampia liberalizzazione, che costringa le compagnie esistenti a servirci al meglio e permetta anche l'arrivo e la nascita di nuovi soggetti.