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Il decreto legge anti crisi al voto in aula alla Camera La Lega punta i piedi e il governo pensa alla fiducia

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Così il dl anticrisi vale cinque miliardi di euro e non 6,3 come inizialmente quantificato dal governo. Una rimodulazione che non significa che vi siano nuove risorse da poter spendere: si tratta, spiega infatti la maggioranza, della presa d'atto di un errore contabile al momento del varo del provvedimento quando alcuni fondi per le Ferrovie erano stati contati due volte. Il testo del decreto è dunque ormai «blindato»: l'ultima chance potrebbe essere solo il maxiemendamento che il governo dovrebbe presentare domani, dopo aver posto la questione di fiducia. Così, l'apertura proposta dell'Idv, del Pd e dell'Udc di tagliare drasticamente il numero degli emendamenti pur di non trovarsi a votare un testo preconfezionato sembra dunque essere destinata all'insuccesso. Tra le questioni ancora aperte, che potrebbero far propendere il governo a mettere la fiducia, resta in primo piano la scelta di sbloccare per due anni i finanziamenti per Roma: una scelta che non piace a molti governatori, del centrosinistra come del centrodestra, e il cui costo finanziario è ancora tutto da pesare. Poi c'è il bonus famiglie e nodo immigrati (tassa sul permesso di soggiorno in primis). Ed è proprio su questo che il Pdl punta il dito e prevede possibili rotture degli equilibri interni alla maggioranza. Ora intanto è iniziato il conto alla rovescia. Infatti entro il 28 gennaio il dl 185 dovrà essere convertito pena la decadenza e deve essere votato dal Senato.

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