I giovani di An si dicono addio
Dai giorni del Fronte della gioventù al Popolo della libertà», rilegge il passato, tenendo sempre lo sguardo rivolto al futuro. Niente nostalgia, né rimpianti in chi ha scritto il libro e neppure in coloro che ieri l'hanno presentato al Senato (tra gli altri, Maurizio Gasparri, Giorgia Meloni, Giuseppe Scopelliti). Il massimo del nostalgico è Donna Assunta, vedova Almirante, che ascolta in prima fila. L'icona della destra non rinuncia alla sua luccicante pelliccia nonostante il calore della sala. Ma il folklore finisce lì, il resto è il frutto del lavoro di Fabrizio Tatarella, giovane giornalista, nipote di Pinuccio, che ha messo insieme storie e testimonianze per raccontare uomini e fatti dalla Giovane Italia, passando per il Fronte della gioventù, fino ad arrivare ad Azione Giovani. È una storia che non ha nulla a che vedere con il fascismo, piuttosto con le difficoltà del dopoguerra quando l'Msi era escluso dall'arco costituzionale, e con i giovani che fondano la Giovane Italia aprendo le loro fila a liberali e socialdemocratici. È la storia del pre e post '68, che, nonostante quello che dice Gianfranco Fini, non è un occasione mancata, perché in quegli anni i giovani di destra fanno altri percorsi, hanno valori diversi. Una storia che guarda alla violenza e al terrorismo degli anni '70 molto da lontano. Insomma, quasi un apologo che serve a spiegare come dagli anni della marginalità e degli scontri si è arrivati al governo e, presto, al partito unico della destra con il Pdl. In fondo, un omaggio allo zio, che è stato il primo a dire che bisognava unire An e Forza Italia. Non c'è nostalgia né rimpianto nelle parole di Maurizio Gasparri, che pure è stato uno dei protagonisti della storia del movimento giovanile di destra. Per lui rievocare quel passato vuol dire pensare a quello che succederà domani. E, se deve rimanere qualcosa di ciò che è stato, sono «i valori, che per fortuna sono gli stessi che animano il Popolo delle libertà. E un partito, fatto di gente e di partecipazione». Niente foto in bianco e nero, ma sano realismo di chi si ricorda di quando non era sicuro di uscire sano e salvo dall'ennesimo scontro con i «compagni», ma che oggi si è calato fino in fondo nella parte di presidente dei senatori del Popolo della libertà. Non è nostalgico neppure Giuseppe Scopelliti. Oggi è il sindaco quarantenne di Reggio Calabria, amatissimo nella sua città, ieri - tra il '93 e il '96 - è stato segretario nazionale prima del Fronte della Gioventù e poi di Azione Giovani. Nostalgico non lo era neppure allora, racconta : «Quando ero segretario fui il primo a non firmare le lettere ai dirigenti con la formula di rito "camerateschi saluti". E non perché non avesse valore la parola "camerata", che significava unione e ideali condivisi, ma perché sentivo che era tempo di rompere certi schemi antichi». Non vuole parlare di nostalgia neppure Giorgia Meloni. Anche se, il ministro della gioventù e attuale segretario di Azione Giovani, è la più decisa nel rivendicare l'importanza di portare nella storia nuova pezzi del passato. Lo dice così: «Per me valore decisivo è il senso di comunità. Che significa essere qualcosa insieme agli altri, condividere valori e progetti. Che è anche l'unico vero vaccino all'attaccamento al potere. E poi, c'è la tutela della memoria. Una memoria che oggi, finalmente, non è più solo di parte». È l'orgoglio di chi quest'anno ha partecipato alla commemorazione dei morti di Acca Larentia da ministro, insieme a Gianni Alemanno, ora sindaco di Roma.