«Basta imitare il Cavaliere Un errore far cadere Romano»
Oggi è deputata del Pd. Guarda e assiste. Parla poco, di solito. Onorevole, è in corso una vera e propria rivalutazione di Prodi. Secondo lei, perché oggi? Appena sette mese fa, nel centrosinistra, non era possibile neanche citarlo. «Ci vuole tempo». Tempo per cosa? «Tempo per capire le cose che Prodi affermava. Per esempio, parlava già apertamente di crisi economica, della crisi che sarebbe arrivata di lì a breve: lo diceva quando ancora era al governo. Parlava dei rischi che correvamo e delle cose da fare». E che cosa capiranno, nel prossimo futuro, nel centrosinistra, a proposito del Professore? «Si capirà che errore enorme è stato far cadere il governo Prodi, quale ferita epocale si sia aperta nel centrosinistra e quanto tempo ci vorrà prima che si possa rimarginare». Ma perché lo considera un errore così grande? Quanto poteva durare ancora quell'esecutivo, in quelle condizioni? «Aspetti, una domanda per volta. Intanto ricordiamo qual era la situazione. Berlusconi era politicamente morto. Si ricorda il predellino? Accadde dopo l'ultimo, sfrenato tentativo di far cascare il governo. Tentativo che era fallito. E allora Berlusconi tirò fuori una sortita disperata e finale, i suoi alleati l'avevano mollato, Casini ormai non lo seguiva più, con Fini se le dicevano di tutti i colori. E invece l'hanno resuscitato, l'hanno fatto resuscitare». D'accordo, ma il governo è caduto dopo un'inchiesta che portò all'arresto della moglie del ministro della Giustizia di allora, Clemente Mastella. Fu quell'evento a provocare la rottura? «Non è così. Ce ne fu uno prima. O meglio, una serie di fatti». Cominciamo dal primo. «Il Pd cominciò ad avviare una trattativa con il centrodestra per arrivare alla riforma elettorale. Poco dopo, ci fu l'annuncio, sempre da parte del Pd, dell'intenzione, comunque, di correre da solo alle successive elezioni». E allora? «Allora quel messaggio ne conteneva un altro intrinseco». Quale? «Che si era arrivati a un passo dal chiudere un accordo sulla nuova legge elettorale». Legge che avrebbe comunque spazzato via i partitini. «Esatto. Di sicuro Mastella intese quel messaggio in quel modo. Sarebbe stata la sua fine e sicuramente non sarebbe rimasto lì a farsi cucinare a fuoco lento». Per lui e gli altri partiti era meglio andare a votare con la vecchia legge, quella in vigore: sarebbero sopravvissuti. Vuol dire questo? «Almeno questo loro credevano sarebbe successo. E invece tutti quelli che hanno provato a chiudere intese con Berlusconi sono rimasti fregati. Si ricorda di quell'organismo che si chiamava Bicamerale?». D'accordo, se non fosse stato Mastella sarebbe stato Dini. C'avrebbe pensato lui a far cadere il governo. «Guardi, si era creato un clima ostile al governo, questo è chiaro. Clima reso difficile da un'intervista di Bertinotti che dichiarava di fatto chiusa quell'esperienza. La caduta ha più responsabili. Ma Dini non ne avrebbe avuto il coraggio. Sono d'accordo con chi la pensa così». Chi, scusi? «Niente, mi riferisco a colloqui privati. Dini non avrebbe fatto cadere il governo. Mastella è stato invece lo strumento della situazione, Berlusconi l'ha lusingato con mille promesse che poi regolarmente non ha mantenuto». Eppure, in quel momento il govenro sembrava aver superato la fase critica, o no? «Era esattamente quello che pensava Prodi. Fatto il protocollo sul welfare, approvata una Finanziaria di altissimo livello, la coalizione sembrava aver superato la fase più delicata, sembrava essere uscita dall'emergenza». Va bene, onorevole. Il passato è passato. La scorsa campagna elettorale il Pd l'ha fatta marcando la differenza con l'Unione. Oggi Soru si candida a recuperare l'Ulivo. Che cos'è? Una rivisitazione storica? «Reclutare Soru tra gli ulivisti sarebbe quanto meno una forzatura, ma almeno ha riconosciuto le nostre ragioni e non ha mai ripudiato quell'esperienza. Dal Pd non si torna indietro, quello che c'è da recuperare è lo spirito dell'Ulivo. Il presidente della Sardegna sa infatti benissimo che non solo Prodi è e resta l'unico ad aver battuto Berlusconi e ad aver vinto le elezioni, ma l'unico ad aver governato facendo riforme». Ma come c'è riuscito? «Perché Prodi non ha mai imitato Berlusconi. Al contrario, l'ha sempre criticato, s'è sempre presentato come qualcosa di diverso, alle volte anche l'opposto. La gente l'ha capito. E non l'ha dimenticato». E Veltroni? «Veltroni è il segretario del Pd, un soggetto in cui credo fortemente». D'accordo, è innegabile però che abbia commesso errori clamorosi. «Questo lo dice lei». Perché? Non ne ha commessi? «Se non abbiamo vinto le elezioni, se si sperava in una vittoria o almeno in una sconfitta di misura, bene allora errori ce ne sono stati». Quali? «No, non me la sento». Me ne indichi tre. «No, non partecipo a questo giochino». Allora gli dia un consiglio. «Raddoppi, triplichi la democrazia interna. Assieme a lui i cittadini hanno eletto un'assemblea costituente, che è il luogo della democrazia del Pd: abbia il coraggio di aprire un confronto vero. Venga e dica: ora parliamo. Farebbe il bene suo e del partito». F. d. O.