Berlusconi tranquillizza Fini: "Il Pdl è un campo minato"
Almeno questo deve essere il pensiero di Silvio Berlusconi che dunque già ad inizio giornata fa capire l'aria che tira e avverte tutti di non replicare alle accuse, alle diatribe interne. Una dichiarazione di Fabrizio Cicchitto detta subito la linea. C'è la Lega, certo. Ma il vero campo minato è quello del Pdl, con tutti i leader di An (ad eccezione di Gasparri che è capogruppo al Senato di tutto il futuro partito) che da giorni disseminano il terreno di «esplosivi». Ormai tutti a vario titolo e dal loro punto di vista, da La Russa a Matteoli e da ultimo Alemanno, hanno espresso perplessità su come sta nascendo il nuovo partito unitario. E poi due «bombe» piazzate da Fini in poche ore. Prima l'intervento contro la fidejussione imposta agli immigrati che vogliono aprire un partita Iva; poi la lettera al Corriere nella quale chiede chiaro e tondo che la nuova legge sulle intercettazioni, che Berlusconi vorrebbe cambiare, non esclude di registrare le conversazioni di chi è accusato di corruzione. Dunque la prima. Arrivando a Cagliari, nella hall dell'hotel che lo ospita, Berlusconi chiarisce ai giornalisti: «Quando ho conosciuto il senso dell'emendamento (quello della Lega osteggiato dal Presidente della Camera ndr) ho immediatamente dichiarato di essere contrario. Era una proposta che non era stata fatta al tavolo del Governo e quando l'abbiamo conosciuta ho di mio pugno firmato il no, consegnandolo alla mia segreteria, che subito ne ha informato i nostri parlamentari. Altri rappresentanti del governo in commissione lo hanno accantonato, per non dire immediatamente no a una componente importante della maggioranza. Eravamo tutti d'accordo». Un modo per dire che quell'emendamento non l'ha fermato Fini ma lui in persona. In privato il Cavaliere è stato più esplicito ma non dissimile nella versione. Quando il relatore Casero ha visto il testo ha chiesto che cosa ne pensasse il governo. Il foglio è arrivato a Berlusconi che, l'altro pomeriggio, c'ha fatto sopra una bella croce e ha scritto grande con penna nera un bel «no». Un'ora più tardi nella sua stanza a palazzo Grazioli è entrato il portavoce Bonaiuti, portandogli i dispacci delle frasi di Fini e il premier c'è rimasto male. Ha fatto chiamare la sua segretaria e si è fatto riportare il pezzo di carta con il suo diniego precedentemente espresso. «Visto - ha detto ai presenti -. Ho già detto di no, bastava chiedere». Poi la seconda. Il Cavaliere, prima di annunciare che con la riforma sulle intercettazioni si tornerà a prima dell'89 («a fare le indagini saranno polizia e carabinieri e non più i giudici»), spiega ai giornalisti: «No, no. Non c'è nulla di diverso. Non c'è nemmeno un punto di diversità (con Fini ndr). Il presidente della Camera ha fatto presente che le intercettazioni devono essere un mezzo per arrivare a verificare reati compiuti, anche per quanto riguarda quelli di corruzione contro la Pubblica Amministrazione, riferimento preciso che c'è anche nel disegno di legge varato dal governo. Quindi non c'è nessun punto distanza nella lettera del presidente Fini, tra l'altro molto cortesemente inviata al ministro Alfano prima che al Corriere della Sera». Fin qui, Berlusconi lo sminatore. Con i suoi il Cavaliere è apparso alquanto irritato. Quel riferimento al Guardasigilli non è casuale. «Sono d'accordo con lui, ma almeno poteva informare il Presidente del Consiglio», ha detto ai fedelissimi. Poi si è spinto oltre: «Capisco che Gianfranco si sente stretto nell'incarico istituzionale e cerchi dunque visibilità. Ma se vuole un ruolo deve concordarlo con noi». Per ora la linea è di dire sì a tutto a quello che chiede An (Fini ha anticipato tutti sul tempo ieri mattina): poi in Parlamento si vedrà di porre altri paletti. Sembra di essere tornati ai tempi che portarono alla sortita del predellino (18 novembre 2007). Tempi che, guarda caso, si aprirono con una lettera al Corriere di Fini tre giorni prima. Stavolta Berlusconi è al governo, si va verso la nascita del Pdl e le perplessità crescono soprattutto nell'anima a destra (che tra l'altro potrebbe svolgere il suo congresso di scioglimento a Fiuggi, dove An nacque quindici anni fa). Ci sono le elezioni in Sardegna, poi europee e le amministrative e nel frattempo è già presidente del G8 in carica: insomma, una guerra interna sarebbe proprio un lusso che il Cavaliere non si può permettere. E soprattutto non vuole. Per questo la direttiva di gettare acqua sul fuoco o meglio, di evitare le mine disseminate nel Pdl che appare sembre più, appunto, un campo minato.