La Lega non demorde e per salvare Malpensa riesce a ...
D'altro canto, come ricordano gli uomini del Carroccio, le sorti dello scalo milanese è la «madre di tutte le battaglie». E dunque, perdere non era nel conto. Il suggello all'intesa, frutto di una nuova giornata giocata sul filo, arriva poi dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti che, dopo aver ricordato di non essersi mai occupato dell'argomento «da quando la compagnia è stata venduta», decide di intervenire: «È fondamentale che tenga Malpensa, io penso possa tenere: il traffico mondiale è in continuo aumento e Malpensa sta nell'asse del grande commercio e degli scambi». Per il professore, dunque, lo scalo varesino «ci sarà sicuramente». Parole che faranno piacere al Carroccio e che sembrano indicare la volontà di allentare le tensioni nella maggioranza. Fumo negli occhi, un'aspirina, un pannicello caldo: le reazioni del Pd puntano a smontare l'entusiasmo degli avversari. «Quella che abbiamo di fronte è ormai una maggioranza sfacciatamente irresponsabile», attacca Michele Meta. Ma i Democratici lanciano anche una nuova sfida: «Abbiamo presentato quattro sub-emendamenti. Se la liberalizzazione può salvare Malpensa, allora - afferma Antonio Misiani - Lega e Pdl la facciano davvero, votandoli». Nessuna timidezza, è la replica della maggioranza. «Finalmente liberi di volare», esulta il presidente della commissione Trasporti a Montecitorio Mario Valducci. Ancora più entusiasta, ovviamente la pattuglia leghista: «Molto soddisfatti. La maggioranza - dice Roberto Calderoli - inizia a recepire gli input usciti dall'incontro di ieri tra Bossi e il premier Berlusconi». Una dimostrazione, sottolinea il vicepresidente della Lega alla Camera Marco Reguzzoni, che «l'asse del Nord c'è e inizia a far sentire la sua voce». Entusiasmi che pure non hanno evitato che anche ieri si sia giocata una delicata partita a scacchi in casa della maggioranza. Teatro del nuovo valzer, le commissioni Bilancio e Finanze della Camera dove era in corso l'esame del decreto legge anticrisi. Un'occasione ghiotta per puntare i piedi senza fare troppo rumore, ma potendo brandire l'arma del voto. E così si sono succedute riunioni su riunioni, con i lavori parlamentari che hanno conseguentemente proceduto a singhiozzo.