Alessandro Bertasi a.bertasi@iltempo.it Lui è Cosimo Maria ...

Dottor Ferri, come mai lei e il suo gruppo non vi siete uniti ai vostri colleghi magistrati che hanno espresso «sconcerto e amarezza» riguardo le parole di Nicola Mancino rilasciate al «Corriere della Sera»? «Guardi, io e i miei due colleghi aderenti a Magistratura Indipendente non abbiamo firmato il comunicato per un semplice motivo». Ovvero? «Il documento era diviso in due punti. Il primo era legato alla negazione del correntismo all'interno del Csm. Cosa sulla quale dissento poiché negarlo vorrebbe dire non vedere come stanno veramente le cose. L'unica cosa che si dovrebbe fare è limitare l'influenza che queste esercitano sul funzionamento del Csm». Ma c'è veramente un modo per limitare l'influenza delle correnti? «Io una proposta l'avrei. Partiamo dal rivedere le regole dell'Anm e dei sistemi di elezione dei suoi organi rappresentativi. Oggi per esempio vige un sistema che costringe a votare cinque persone che aderiscono ad una stessa lista. Un'apertura potrebbe essere quello di allargare la scelta a tutte quelle in competizione. Così magari entrerebbe anche un maggior numero di giovani. Mancino invece proponeva di cambiare il metodo di composizione del Csm. «Questa è la seconda critica mossa dai miei colleghi a Mancino e io la condivido. Il vicepresidente vorrebbe ridurre a un solo terzo i componenti togati. Ciò equivarrebbe ad alterare la natura di autogoverno della magistratura. Poi sono critico anche verso la seconda proposta di Mancino che vorrebbe fosse il presidente della Repubblica a scegliere quell'un terzo da inserire nel consiglio. Ciò metterebbe a rischio il ruolo garantista di Napolitano che per Costituzione invece deve presiedere il Csm. Si rischierebbe così di passare dal correntismo al partitismo». E sulla separazione delle carriere? «Su questo concordo con Mancino. L'ufficio del pm deve rimanere all'interno dell'ordine giudiziario, sia pure nell'assoluta distinzione delle funzioni rispetto agli organi giudicanti».