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Cacciari: «Al posto suo avrei lasciato senza esitare»

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Professor Cacciari, ha visto quello che sta succedendo a Pescara e Napoli? «Ho avuto modo di dire tante volte che queste sono situazioni molto diverse tra di loro. Nel caso di Pescara ho avuto modo di verificare che la giunta comunale di quella città godeva di un'ampia popolarità e nello stesso tempo di grande autorevolezza. Quindi è stata semplicemente un'iniziativa giudiziaria che ha determinato la crisi. Mentre a Napoli - iniziative giudiziarie o no - la crisi politica era evidente ed era in atto da tempo soprattutto in Regione, ma anche nella città. E quindi, anche senza iniziative giudiziarie, quella era una situazione di crisi. Sono situazioni incomparabili». Ma lei cosa avrebbe fatto se si fosse trovato nella stessa condizione del sindaco di Pescara? «Guardi, valutazioni di questo genere si possono fare solo avendo perfetta contezza del caso, avendo vissuto questa situazione dall'interno. Quindi possono esserci motivazioni diversissime. Per quello che mi riguarda, ho avuto modo di precisare che se ci fosse un'indagine giudiziaria nei confronti del sottoscritto, per motivi analoghi, non ci penserei nemmeno un secondo a rassegnare le dimissioni. Ma questa non è un'indicazione di comportamento per altri. In una situazione del genere, sono io che prenderei la palla al balzo per andare via. Si figuri! Sono noto per la mia attitudine alle dimissioni in ogni circostanza. Ma al di là di questo, a Pescara si tratta solo di una crisi indotta da motivi di carattere giudiziario. In quella città il sindaco godeva di grande autorevolezza. Mentre a Napoli la crisi andava avanti da tre anni». Come giudica il comportamento della segreteria del Pd davanti a queste vicende? «Come vuole che si comportino i partiti. Non ci sono più Comitati centrali o partiti che possono decidere o imporre la loro volontà. I partiti non ci sono più. I partiti sono in crisi. Anche Veltroni ha assunto l'atteggiamento giusto invitando alle dimissioni i vertici della Regione». Però Veltroni ha anche dato il proprio via libera al rimpasto della giunta Iervolino? «Ripeto quello che avevo già detto in altre occasioni. Secondo me, la scelta giusta a livello regionale e a quello cittadino sarebbe stata quella delle dimissioni e di andare alle elezioni con un rinnovamento di ceto politico e di linea. Non è stato deciso così: auguri! La mia posizione l'ho espressa in modo molto franco da mesi. E ancor prima che ci fossero le inchieste giudiziarie. Mi pare che questo "rappezzamento" non migliori la situazione del Pd in Campania. Non è una situazione che condivido». La «questione morale» sta facendo sprofondare il Pd? «Ma si figuri! Chi è che può dare lezioni in questo paese sulla "questione morale"? Se fosse per la questione morale che sprofonda un partito saremmo al punto che non ci sarebbe più nessuno che fa politica in Italia!» Però il terremoto giudiziario degli anni '90 ha spazzato via i vecchi partiti. Qui restano tutti al loro posto... «Tangentopoli non è paragonabile a quello che sta accadendo oggi. Non si possono fare comparazioni. Tangentopoli era un processo che investì i generali dei grandi partiti della storia repubblicana. Qui ci troviamo in una tempesta in un bicchier d'acqua». Cosa può fare il Pd per uscire dalla crisi? «Deve tornare a fare politica e fare le sue proposte in tema di giustizia, di economia e sui temi sociali. La crisi del Pd non è una crisi morale. Ma non sono d'accordo nemmeno con il termine crisi. Il Pd non sta decollando. E finché il partito non decolla non si comprende se può restare in volo o è destinato a precipitare».

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