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Caro Pannella basta insultare anche Napolitano

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Come quella condotta a metà degli anni Settanta con le armi pacifiche della politica, non certo con quelle adoperate dai terroristi, contro il progetto berlingueriano di «compromesso storico» fra democristiani e comunisti. Ieri mattina però egli ha veramente superato ogni soglia di guardia, esondando come non è riuscito a fare nei giorni scorsi il Tevere. In una irruzione mattutina nella sua Radio Radicale, appena finita la storica e sempre stimolante rassegna di «stampa e regime», egli ha strapazzato come assolutamente non merita il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, contestandone «l'imparzialità». Ha inoltre mandato «affanculo» in diretta un direttore di giornale che aveva osato lamentare contenuto e modalità del finanziamento pubblico percepito da «tutti i partiti», senza escludere quello radicale. Egli ha infine rivendicato il merito di avere preferito nella scorsa legislatura, contribuendo a farli vincere di stretta misura nelle elezioni del 2006, «i buoni a nulla» di Romano Prodi ai «disposti a tutto» di Silvio Berlusconi. No, Marco, a questo punto basta. Bisogna che tu ti dia una regolata perché la tua - ripeto - lunghissima militanza politica non finisca come non merita: per esempio, in una brutta copia del grillismo, per quanto lodevolmente povera in arnese, non potendo tu contare sui guadagni stratosferici del comico moralista di Genova. Ti abbiamo stimato troppo per fare finta di nulla e per non chiederti di fermarti sulla soglia di una strada senza ritorno, se non l'hai già superata. Se la colpa di Napolitano, come tu hai detto, è di non poter chiedere ai politici di «cambiare costume», fornendo egli copertura con la sua pretesa imparzialità ad una «partitocrazia» che sarebbe di per sé «malcostume», i radicali non possono considerarsi fuori rivendicando una loro «diversità». Che è, peraltro, l'errore compiuto anche da Enrico Berlinguer per opporre i comunisti a tutti gli altri, dopo il fallimento dei tentativi di alleanza con la Dc. La diversità dei radicali, come quella pretesa allora dai comunisti, e ancora reclamata da alcuni di essi che oggi si chiamano in altro modo, potrebbe avere una sua credibilità solo se essi veramente rifiutassero di partecipare al sistema cosiddetto partitocratico, che Pannella denuncia come il male assoluto. Nel momento in cui essi accettano di stare in un polo piuttosto che nell'altro, finiscono per accettarne la comune logica, e i relativi inconvenienti. Ieri Prodi e oggi Veltroni, con il cui partito i radicali hanno preferito schierarsi, partecipando peraltro agli stessi gruppi parlamentari, non sono geneticamente o moralmente diversi dai loro avversari. Ammesso e non concesso che Berlusconi e i suoi alleati siano «disposti a tutto», e perciò moralmente ricusabili in partenza, e che Prodi, Veltroni e compagni siano soltanto dei «buoni a nulla», per questo preferiti dai radicali come una specie di male minore, non è per niente detto che in politica gli uni siano peggiori degli altri. Machiavelli, per esempio, direbbe il contrario. E non venga ora Pannella, quasi un decano della politica italiana, a darci lezioni di anti-machiavellismo: lui che, a proposito anche di finanziamento dei partiti, o comunque di rapporto fra partiti e soldi, stipulò accordi con Berlusconi una quindicina d'anni fa con minuziose clausole economiche, facendogli poi causa per pretesa inadempienza contrattuale. O ricordiamo male? Anche a proposito del tanto contestato e contestabile finanziamento pubblico dei partiti, abolito con un referendum popolare promosso proprio dai radicali ma ripristinato furbescamente dal Parlamento con la formula del «rimborso», cerchiamo di essere seri ed onesti. Non ho personali simpatie per Vittorio Feltri, che è il direttore di giornale mandato «affanculo» in diretta da Pannella via radio, ma non mi sembra francamente che possano essere scambiati per finanziamenti privati i soldi che - meritatamente, per carità - si guadagna dallo Stato con tanto di convenzione Radio Radicale. Che sta al partito di Pannella come il braccio alla mente. E di cui apprezzo spesso servizi e collegamenti, come capita a tanti altri - penso - che non si riconoscono sempre, o addirittura si riconoscono di rado, nelle posizioni del leader di un partito che del radicalismo non ha solo i pregi, ma anche i difetti. I radicali sono un pò come le buone intenzioni, delle quali si sa che è lastricata la via dell'inferno. Essa non appartiene naturalmente alla toponomastica dell'amico ultralaico Pannella.

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