«I magistrati fanno controlli spesso del tutto ingiustificati»
«Occorre ridefinire il rapporto investigativo tra i pm e la polizia giudiziaria — spiega — Oggi siamo in presenza di sistemi tecnologici che consentono, in automatico, la contemporanea intercettazione di un numero enorme di utenze. Per questo dobbiamo intervenire per far sì che il numero delle richieste sia effettivamente finalizzato alla ricerca di mezzi di prova da riscontrare poi con le indagini e non diventi invece un mezzo di ricerca della notizia di reato come purtroppo spesso accade e come invece è espressamente escluso dal codice. Ormai c'è un costume di vasto ricorso a tale strumento che spesso dà dei risultati non univoci. E che per di più non è sempre adeguatamente accompagnato da un'attività di riscontro materiale che è poi il cuore dell'attività di indagine». Secondo lei perché Berlusconi è tornato così minacciosamente sul tema delle intercettazioni? «Perché la politica delle intercettazioni conosce ormai una deriva che finisce per ledere gravemente la costruzione complessiva della prova durante le indagini e al tempo stesso non ci sono veri strumenti che garantiscano la tutela della privacy sia dell'intercettato sia del soggetto che entra in contatto con l'intercettato. È uno degli aspetti più barbari e brutali dei tanti problemi dai quali è afflitto il sistema giudiziario italiano. È evidente che il cittadino medio ma anche e spesso soprattutto soggetti che hanno una particolare visibilità non possono in alcun modo sentirsi garantiti da un sistema come questo. Così si mettono in discussione gli aspetti fondamentali della democrazia». Ma le intercettazioni vengono usate in tutti i Paesi del mondo. «Certo, ma bisogna andare a vedere come è disciplinata questa materia nelle democrazie più avanzate, dove il sistema giudiziario funziona meglio che da noi. Penso a Francia, Germania, Regno Unito». E qual è il punto fondamentale che dovremmo imparare? «Dobbiamo garantire, per la tutela della prova e per la tutela della privacy, che le intercettazioni non vengano rese pubbliche. E poi procedere a una riforma del sistema che così non funziona». In questo modo non si limita la libertà di stampa? Così i cittadini non sarebbero mai stati informati su quello che è avvenuto a Napoli, ad esempio. «La prassi incontrollata della propalazione delle intercettazioni nella fase delle indagini nuoce gravemente alle indagini stesse. E anticipare dei giudizi nell'opinione pubblica in una fase enormemente anteriore a quella del reale accertamento dei fatti espone indiscriminatamente a una gogna mediatica soggetti a volte estranei alle indagini. E per giunta per fatti spesso privi di alcuna rilevanza investigativa e penale e ininfluenti anche rispetto alle indagini stesse. Il tutto, per altro, con dei costi fuori controllo». Si riferisce alle spese per le intercettazioni? «Il capitolo dei costi per le intercettazioni è il più alto nelle spese di giustizia e da solo costituisce oggi più del doppio dell'intero costo per il funzionamento del sistema giudiziario» Lei è più d'accordo con la Lega che vuole mantenere la possibilità di usare le intercettazioni per tutti i reati oppure con il premier che le vuole limitare ai casi più gravi? «La limitazione ai reati di più grave allarme sociale trova riscontro nei sistemi giudiziari delle democrazie più avanzate e risponde a esigenze concrete di funzionalità. Ha pienamente ragione il premier quando segnala la necessità di circoscrivere il fenomeno. E questo anche nell'interesse della genuinità di indagini che spesso portano a risultati processuali a dir poco deludenti».