Giustizia e crisi economica nel discorso del Colle
Seguendo il suo metodo di lavoro, il presidente della Repubblica, per scrivere il discorso consulta appunti di viaggio e note di lavoro e rilegge gli avvenimenti salienti del 2008, che più di altri hanno coinvolto le aspettative e le sue responsabilità. E sui quali con ogni probabilità dirà la sua opinione. Fra questi avvenimenti: in Italia, il cambiamento della maggioranza politica e del governo; il dialogo sulle riforme che non decolla; il riaccendersi dello scontro politica-giustizia; in Europa,la mancata ratifica del Trattato di Lisbona a un soffio dal traguardo; sul piano economico, la bufera che ha delineato il rischio di una recessione prolungata; in Oriente, il riaffacciarsi del terrorismo internazionale più sanguinoso; in Medio Oriente, il tramonto, proprio in queste ore, sotto le bombe di Gaza, del sogno di una pace a portata di mano. Su gran parte di questi temi, per la verità, Napolitano ha già fatto conoscere il suo pensiero circostanziato in due recenti discorsi pronunciati al Quirinale: il 17 dicembre davanti alle alte cariche dello Stato e, l'indomani, davanti al corpo diplomatico. Nel primo, il presidente ha riepilogato tutti i problemi insoluti, a cominciare dalle riforme, ha indicato chi dovrebbe affrontarli, con quali priorità e con quale metodo. Il Capo dello Stato immagina un governo potenziato nelle funzioni e nell'efficienza, ma affiancato da un Parlamento dotato di poteri di controllo più incisivi, e in grado di legiferare con più efficienza, e da autorità indipendenti di controllo, anch'esse rafforzate e con poteri codificati. In questo quadro, il presidente ha indicato anche la necessità di definire meglio i ruoli delle forze dell'ordine e della magistratura, di superare la «gravissima» crisi della giustizia civile e di ridurre la «intollerabile durata dei processi».