La "settimana corta" spiazza la sinistra
«La settimana di quattro giorni lavorativi, proposta da Angela Merkel, è sul tavolo», affermava Silvio Berlusconi durante la conferenza stampa di fine anno, spiegando la ricetta a cui starebbe pensando il governo: settimana corta con meno ore lavorate e salari ridotti. Una misura ancora allo studio dell'esecutivo per salvare i posti di lavoro messi a rischio dalla crisi economica. E ieri, in un'intervista al quotidiano La Repubblica Maurizio Sacconi racchiude il senso di questa proposta in uno slogan: «Lavorare anche meno, pur di lavorare tutti». L'idea è quella di «spalmare» un minor carico di lavoro su più persone. «Questa - sottolinea Sacconi - è la funzione della cassa integrazione a rotazione. Si può andare in cassa per una parte della settimana e lavorare per la restante». Tra le misure anti-crisi a cui il governo sta pensando ci sono anche i contratti di solidarietà, che significano sì meno retribuzione, ma, precisa Sacconi, «non dimentichiamo che ci sarà l'integrazione del sostegno al reddito. Alla fine la perdita sarà minima». La crisi, spiega, «è un tunnel dal quale potremmo uscire più robusti e con le persone più occupabili». Bisogna però «evitare il self service della cassa integrazione», che renderebbe «irresponsabili» le imprese, che invece devono fare tutto il possibile «per non perdere il loro asset fondamentale, cioè il capitale umano» e non dare l'idea che «le prime difficoltà si traducano in una espulsione di manodopera. Per questo si sta pensando a «una unità di crisi del ministero del Lavoro collegata a quello dello Sviluppo economico» che vigili sulla cassa integrazione e che arrivi a un accordo di straordinaria e leale collaborazione con le Regioni, e poi con le parti sociali, per proteggere le persone e ancorarle alla dimensione produttiva. Se Walter Veltroni evita di commentare la proposta sulla "settimana corta" - facendo capire che le priorità per il Pd sono altre, a cominciare dall'introduzione di ammortizzatori sociali per i precari che rischiano di perdere il posto - dalla Cgil arriva un atteggiamento diverso. Epifani dice «sì» all'utilizzo dei contratti di solidarietà a patto che «siano inseriti in un quadro di tutele che evitino il distacco dei lavoratori dai posti di lavoro, non escludano i lavoratori precari e non costituiscano una furbizia per evitare al soggetto pubblico di investire tutte le risorse necessarie». Parlando al direttivo dell'organizzazione il segretario Cgil descrive come positivo l'avvio di un confronto con il governo e le imprese su tutte le forme di tutela, «ed è bene che si sia passati da un'impostazione priva di senso che prevedeva la detassazione degli straordinari a questa nuova ottica». Per Epifani, ora, servono politiche di sostegno contro la crisi industriale, «anche con strumenti parzialmente nuovi e soprattutto risorse più rilevanti». Anche il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta scende in campo sulla proposta anti-crisi. Una misura che Brunetta definisce uno degli strumenti contenuti «nella cassetta degli attrezzi del governo», per affrontare la crisi economica ed evitare un eccessivo calo degli occupati. «Quella indicata da Sacconi - afferma Brunetta - è una delle modalità che normalmente si utilizzano in momenti di crisi per distribuire risorse di welfare, lavoro e occupazione tra un numero di teste più elevato e normalmente questo si fa riducendo l'orario di lavoro, giornaliero e settimanale, riducendo ovviamente anche il salario».