Pd, è già ripartita la battaglia contro Veltroni
Ma, nonostante la sua dimostrazione di forza, nel Pd continuano a rimanere significative differenze e l'impressione è che Veltroni abbia solo rimandato la resa dei conti. Tanto che, a meno di 24 ore dalla riunione che ha siglato la pace, c'è già qualche piccola polemica. Sergio Chiamparino, ad esempio, pur ritirando le proprie dimissioni dal governo ombra, insiste sulla necessità di una «discontinuità» in alcuni organismi dirigenti. Mentre Massimo Cacciari, pur ribadendo di non vedere alternative alla leadership di Veltroni, chiede che si avvii la «fase congressuale»: «Speriamo che da questa direzione parta finalmente un processo riorganizzativo vero». Insomma, ora che il leader sembra aver ricompattato il partito, in molti si attendono fatti concreti. Veltroni, dal canto suo, si gode la ritrovata unità con Massimo D'Alema che ha trascorso la giornata di ieri a smentire, attraverso una nota, alcune «distorte» ricostruzioni dei giornali. Guai, scrive l'ex vicepremier, a ridurre «un'ampia discussione politica» al semplice «dualismo tra D'Alema e Veltroni». «Il vero risultato della direzione - osserva l'ex ministro degli Esteri - è stato la convergenza intorno ad un documento unitario e il rinnovato mandato a Veltroni per rilanciare il progetto e l'iniziativa del Pd». Una difesa della linea a cui si unisce anche lo stesso segretario: «Ho letto delle interpretazioni sbagliate». Sarà, ma se da un lato i due ostentano un'identità di vedute, dall'altro si punzecchiano. Le parole con cui Baffino ha definito venerdì il Pd («un amalgama fin qui mal riuscito» ndr) non sono piaciute al segretario che replica netto: «L'amalgama c'è stato già alle elezioni e prima ancora alle primarie. L'alternativa al Pd è un ritorno al passato». Ecco perché, secondo il segretario, anche sulle alleanze «serve una profonda coesione politica perché se dobbiamo fare un'alleanza che va da chi ha fatto l'Isola dei Famosi fino a Lamberto Dini non cambiamo l'Italia». Parole che non soddisfano l'Italia dei Valori che, con il capogruppo alla Camera Massimo Donadi, avverte: «Per l'Idv l'alleanza con il Pd è strategica e non negoziabile. È ora però che il Pd la smetta con i tentennamenti sulle alleanze. Se ci sono problemi sediamoci intorno ad un tavolo e confrontiamoci, per ritrovare le ragioni profonde di un'alleanza per il governo del Paese». Veltroni, però, nicchia così come non si sbilancia troppo sulla questione morale. Se, infatti, il Pd deve fare un esame di coscienza, il segretario non si risparmia con il centrodestra, che indica come principale responsabile della crisi economica e se la prende con Silvio Berlusconi che «pensa di risolvere la crisi con degli spot» accusandolo di aver determinato «la situazione italiana degli ultimi 15 anni». Quindi ribadisce: «Preferisco perdere voti che avere dentro il partito dei capibastone». Basta perciò con le correnti («sono il male da combattere») e largo a «un partito sano e di gente perbene» che abbia come obiettivo di dare all'Italia «una stagione riformista». Il segretario, però, non sembra far breccia nel cuore dei suoi. «Se non si fa nulla non arresteremo le difficoltà in cui versa il Pd e alle prossime elezioni - dice alla Stampa Sergio Chiamparino - temo esiti negativi e non solo in senso elettorale». Mentre l'ulivista Franco Monaco attacca il voto unanime della direzione: «Non nasce così un partito "vero". Dopo una valanga di critiche, evidentemente, tutto è negoziabile». Insomma, oggi è come ieri.