Fabrizio dell'Orefice f.dellorefice@iltempo.it Due ...
La seconda arriva quasi un'ora dopo: «Auspico che nel corso della legislatura ci sia un ampio dibattito, spero condiviso da maggioranza e opposizione e forte dell'opinione popolare, per arrivare a una riforma presidenzialista, una riforma essenziale se vogliamo che il nostro Paese sia una democrazia moderna». Silvio Berlusconi saltella da un argomento all'altro nella conferenza stampa di fine anno. Parla di politica estera, di crisi, dei mutui, di Eluana Englaro. Di Obama e di Bush. Di energia. E naturalmente in maniera diffusa di giustizia. Ma forse le due frasi che lo descrivono meglio sono quelle con cui si apre e si chiude il consueto appuntamento del premier con i giornalisti alla fine di dicembre. Che poi sono anche quelle che consentono di fare un bilancio e di guardare avanti. E il Cavaliere confessa candidamente di aspettare di trovarsi alla fine della legislatura un uomo a cui cedere lo scettro del centrodestra. E magari di trovarsi realizzata la riforma con l'elezione diretta del Capo dello Stato, carica alla quale - a quel punto - potrebbe aspirare. Auspica che il suo successore «possa emergere dalla nuova classe politica, abbiamo tanti giovani ministri». A voler essere maliziosi quindi Berlusconi non immagina ministri anziani e non intravede il suo erede nemmeno fuori dall'attuale Consiglio dei ministri. Ma tornando alle sue parole, il premier si limita a sottolineare come non è mai riuscito ad amare la politica, «non mi diverto, ma il senso di responsabilità prevale in chi come me ritiene, ed è nei fatti, di essere indispensabile per tenere insieme tutto il centrodestra e dare vita a questo grande soggetto dei moderati». Berlusconi ribadisce che il suo «lascito più importante sarà quello di un'Italia bipolare o bipartitica». «Oggi abbiamo giovani ministri molto capaci, mi auguro che tra quattro anni il centrodestra trovi qualcuno che mi sostituisca». Il premier guarda molto oltre. E conferma gli obiettivi. Per esempio «bisogna ricominciare con il nucleare», precisando che questa è l'unica scelta «per rispondere a un'esigenza futura». Berlusconi ha spiegato che per scelte fatte dalla sinistra «noi oggi paghiamo quelle decisioni e siamo un Paese tributario, e questo fa sì che paghiamo il costo dell'energia il 35% in più degli altri Paesi europei». Quanto ai tempi, Berlusconi precisa che «per arrivare occorrono 7 anni ma se non si comincia non si arriva mai». Ma non c'è solo il futuro lontano. C'è anche l'immediato. E il nuovo anno si ripartirà dalla giustizia. «Al primo Consiglio dei ministri di gennaio - afferma il premier - porteremo la riforma della giustizia che poi andrà in Parlamento e lì ascolteremo le suggestioni di chi, anche dell'opposizione, vorrà darci suggerimenti». «Fulcro della riforma sarà la separazione degli ordini, con un avvocato dell'accusa che avrà nei confronti dei giudici gli stessi doveri e diritti degli avvocati». Tante le domande attorno al dialogo, che il Cavaliere dribla: «Il mio auspicio è che ci sia una riforma condivisa, in Parlamento i gruppi parlamentari hanno una larga autonomia per sedersi al tavolo e discutere di una possibile riforma condivisa». Facciano loro, insomma. Lui, per quel che gli riguarda, non intende parlare con Di Pietro: «Noi saremmo i più felici di avere una collaborazione con l'opposizione. Siamo arrivati a domandarci perché si usa questo linguaggio, perché l'opposizione ritiene di avere un maggior consenso comportandosi in questo modo. I sondaggi ci dicono il contrario, eppure ancora questo partito a problemi a dividersi da un partito con l'Idv di Di Pietro, partito assolutamente non democratico». Non teme l'opposizione, anzi fa sapere che la gradirebbe dura piuttosto che non averla. C'è il Natale alle porte, si parla tanto di crisi. E Berlusconi torna a ripetere: «La profondità e l'estensione nel tempo della crisi finanziaria in atto è nelle mani dei cittadini». Invita tutti ad avere maggiore ottimismo anche perché ci sono settori che non saranno colpiti dalla crisi come i lavoratori della pubblica amministrazione «che non hanno nessun timore di essere licenziati e che hanno un potere di acquisto aumentato». Per questo ribadisce che «questa atmosfera, questa canzone della crisi, quando uno apre televisione si spaventa, ha portato anche categorie che non hanno nulla da temere» ad avere paura della situazione. È proprio questo clima, ribadisce il premier «che può determinare la crisi». Infine, una considerazione più personale: «Sono orgoglioso di questa squadra di governo composta da molti giovani e donne capacissime. In sette mesi non ho mai avuto una delusione, neppure la più piccola». Il suo gradimento, confessa, è tornato al 72%. Ma non gli basta. Sogna il 99%.