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Veltroni berrà «l'amaro calice» fino alle europee

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Ma sul terzo panettone di Veltroni, nel 2009, le scommesse sono diventate un azzardo insostenibile dopo quello che è accaduto. E che tutto lascia ritenere destinato a ripetersi nelle elezioni europee ed amministrative di primavera. In vista delle quali gli aspiranti alla sua successione non muoiono giustamente dalla voglia di sgomitare. Toccherà a lui bere fino all'ultima goccia il calice amaro, e tossico, dell'alleanza con Di Pietro. Solo dopo quei passaggi elettorali qualcuno si sentirà probabilmente di subentrargli per tentare qualche recupero, per quanto difficile, sempre che il partito nel frattempo non sia imploso con una di quelle scissioni abituali alla sinistra. Anche se alle elezioni europee correrà da solo il Pd risentirà lo stesso gli effetti perversi del rapporto con Di Pietro. Che è diventato ormai il suo principale concorrente, favorito in questo dal fatto che Veltroni se n'è lasciato in questi mesi fortemente condizionare. Egli lo ha inseguito sulla strada dell'antiberlusconismo irriducibile, procurandosi dileggi e feroci attacchi ad ogni tentativo di prenderne le distanze. Persino dopo averlo ben dissanguato elettoralmente in Abruzzo Di Pietro ha rimproverato al partito di Veltroni di non essere «né carne né pesce». E si è proposto come tessitore di un'alleanza nuova di centrosinistra all'insegna del «riformismo», di solito coniugato con la moderazione. Che, almeno sinora, non sembra essere stata francamente la matrice o lo stile dell'ex magistrato. Anche di fronte alla debacle abruzzese la squadra di Veltroni è tornata a sostenere che i conti dell'alleanza con Di Pietro non possano essere addebitati solo al segretario del partito, ma vadano ripartiti tra tutti, essendo stata unanime la scelta di quell'intesa. Ma questo è già stato smentito il mese scorso da Follini,che ha impietosamente raccontato quel «freddo pomeriggio pre-elettorale» della scorsa primavera, in cui «gli dicemmo tutti — tranne uno, più dubbioso — che eravamo contrari». Fu quindi una scelta solitaria, dalla quale ne derivarono altre non meno suicide, passate nel partito anche a causa delle condizioni anomale in cui esso viene gestito, con una direzione la cui legittimità è quotidianamente contestata, per esempio, da Arturo Parisi.

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