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Di Pietro adesso sfotte gli alleati: puniti i partiti del "ma anche"

Di Pietro

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Il commento a caldo di Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, sulle consultazioni in Abruzzo non esce dal campo dell'ovvio, così come quando spiega che l'astensionismo è cosa «comprensibilissima perché arriva dopo un governo di centrodestra guidato da Pace e uno di centrosinistra guidato da Del Turco» che avrebbero - l'inchiesta giudiziaria sulla cosiddetta sanitopoli è ancora in corso - «tutte e due utilizzato la cosa pubblica a fini privati». Di Pietro, che ieri era a Milano, ha comunque legittimi motivi per esultare. È consistente la crescita di consensi registrata dalla sua formazione, passata dal 2,43% delle regionali 2005 (e dal 7,01 raccolto nelle politiche dell'aprile scorso) addirittura a cifre intorno al 15%. «In Abruzzo abbiamo quintuplicato il nostro risultato», gongola l'ex magistrato. Crescita esponenziale. Ma a danno di chi? Di Pietro ha rilasciato una dichiarazione significativa: «I partiti che non sono né carne né pesce - ha chiosato - che fanno riunioni, che dicono "ma anche" e che non si decidono vengono puniti». Riferimento più che chiaro al Pd di Veltroni. Nemici in casa più che alleati? L'Italia dei Valori ha certamente eroso la gran parte dei propri consensi proprio al Pd: nel 2005 i Ds ebbero in Abruzzo il 18,59% e La Margherita il 16,77. Alle consultazioni di aprile, insieme, fecero registrare il 41,58%. Ieri si sono fermati più o meno alla metà di quella percentuale. E nei primi commenti il clima tra gli alleati appare tutt'altro che sereno e disteso. A Di Pietro ha risposto subito il senatore Pd Giovanni Legnini: «Dichiarazioni gravissime - ha detto dai microfoni di una tv privata regionale; - mi auguro che Di Pietro nelle prossime ore le precisi e torni indietro, come fa spesso. Almeno in questo - e dal suo punto di vista non è un complimento - somiglia a Berlusconi». Che la coalizione abbia funzionato poco lo dicono del resto chiaramente le cifre: quasi ovunque il candidato presidente Carlo Costantini, imposto dall'Italia dei Valori, ha avuto parecchi consensi in meno rispetto alla somma dei voti dei partiti che lo hanno sostenuto. Vuol dire che qualcuno tra i suoi alleati ha fatto ampio ricorso al voto disgiunto. Non a caso Chiodi ha ottenuto percentuali maggiori rispetto a quella delle sue liste. Difficile non pensare alle sofferte esclusioni in casa Pd, imposte da Di Pietro, tenace fautore della necessità di tener fuori dalle liste gli inquisiti. La "vittima" più nota di questa politica di rigore è stato il medico pescarese Donato Di Matteo, trionfatore nelle primarie con oltre quattromila consensi ma escluso dalla corsa per la Regione. In Abruzzo ha vinto il Pdl con Gianni Chiodi, ed è un dato inoppugnabile. Tra gli sconfitti va fatto un distinguo: il centrosinistra ha perso, ma Veltroni certamente un po' più di Di Pietro.

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