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«Bossi sta scambiando pezzi di programma»

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Le divergenze sulla proposta Brunetta sull'età pensionabile delle donne, Bossi che frena sulla giustizia, Calderoli vuole dialogare con il Pd, le accuse di cesarismo rivolte da Fini e la maggioranza che sembra non marciare unita e coesa come all'inizio della legislatura. Senatore, che succede? «Finora tutto è filato bene perché il governo ha avuto l'appoggio della maggioranza, senza se e senza ma». In che senso, scusi? «Nel senso che governo e maggioranza sono stati di fatto un continuum». Forse sono apparsi eccessivamente uniti. «Ma questo non vuol dire che non si sia discusso. Anzi, lo abbiamo fatto e anche in maniera serrata al nostro interno. Ma poi, una volta deciso, abbiamo marciato uniti, così come si conviene nei sistemi di premierato. È quello che sosteneva Walter Bagehot, il più grande teorico in materia, già nel 1871». Torniamo all'oggi. E l'opposizione? «Ecco, un'opposizione, che aspira alla successione, dovrebbe accompagnare ad ogni iniziativa del governo la sua proposta alternativa. Così non è accaduto perché l'opposizione di Veltroni si è di fatto sfaldata e quella di Di Pietro, che ha sovente toni da eversione istituzionale, ha conquistato uno spazio eccessivo» Be', però il Pd è altra cosa. «Nell'ultima settimana ho sentito anche dal partito di Veltroni parole, frasi e concetti rivolti al premier simili a quelli dell'Italia dei Valori. Il punto è che, in questi casi, tutta la maggioranza dovrebbe fare muro e rispondere senza esitazioni levando a Berlusconi l'onere di auto-difendersi». Dovrebbe? «Qualcuno, invece, sembra propenso a scambiare un atteggiamento più morbido per pezzi di programma da privilegiare». Si sta riferendo a Bossi? «Anche». La Lega teme per il federalismo? «Il grande filo rosso di questa legislatura è il federalismo fiscale. È una vera e propria rivoluzione istituzionale che tutta la maggioranza intende portare avanti fino in fondo. Non è la preoccupazione di una sola parte e il modo con cui i gruppi del Pdl si sono fin qui comportati parla chiaro» Anche quelli di An hanno usato talvolta parole pesanti e persino Fini ha parlato di «cesarismo». Fibrillazioni per la nascita del Pdl? «Ormai mi sembra che sia assodato da parte di tutti che Gianfranco Fini avrà una posizione e una considerazione privilegiata nel futuro Pdl. Sta facendo egregiamente il presidente della Camera come Schifani quello del Senato. È evidente che Fini è una risorsa per tutti noi che si renderà disponibile quando necessario». Al vertice sembra tutto unito, ma la base è in fermento ogni giorno di più. Perché? «L'unificazione è un grande progetto. Non solo i gruppi parlamentari ma anche i funzionari e persino i bilanci erano strutturati in maniera diversa. È un percorso complesso ma più si va avanti e più diventerà semplice». Si vota in Abruzzo, dove lei ha coordinato la campagna elettorale. Che cosa si aspetta dal voto? «Il Pdl si è presentato con una scelta chiara: formerà un solo gruppo consiliare a sostegno del presidente. Il Pd è tornato alla vecchia logica delle coalizioni. Penso che, per quanto siano elezioni locali, giungerà un segnale chiaro su quale delle due scelte sia da preferire». In Abruzzo avete chiuso con l'Udc. È una chiusura definitiva? «Abbiamo una diversa sensibilità istituzionale: noi puntiamo sull'alternanza tra schieramenti coesi; loro credono ancora alle coalizioni. Abbiamo però principi e valori in gran parte coincidenti. E quando ci sono principi in comune, è sempre bene lasciare l'uscio socchiuso».

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