La questione morale è la cartina di tornasole della crisi ...
Il consociativismo, cioè il sostanziale connubio tra un partito di governo come la Democrazia Cristiana e uno di opposizione come il Partito Comunista Italiano, ha ulteriormente corroso l'autorità dello Stato e sterilizzato i benefici della democrazia dell'alternanza. Paradossalmente, Enrico Berlinguer, che ha sostenuto con forza e convinzione la questione morale, è anche il principale responsabile del consociativismo, e perciò dell'occupazione dello Stato da parte dei partiti, attraverso l'accordo con la Democrazia Cristiana e la strategia del compromesso storico. Oltretutto, la vera questione morale si pone a partire dalle regioni rosse dell'Italia centrale, in cui l'occupazione delle istituzioni da parte dei partiti della sinistra è divenuto un vero e proprio sistema di potere indistinguibile dalle stesse istituzioni pubbliche, fino al punto di rendere praticamente impossibile l'alternanza al potere da oltre cinquant'anni. Le regioni rosse sono così divenute un territorio nel quale la società civile è stata privata di ogni autonomia dal potere dei partiti fattosi stato. È forse uno dei pochi casi nel mondo in cui la dimensione dell'economia, l'ambito sociale e quello culturale sono interamente omologati al potere politico e amministrativo, gestito ininterrottamente dagli stessi partiti e spesso dal medesimo personale politico. La mancanza di alternanza, e di conseguenza di ricambio di personale politico, e la parallela percezione di inamovibilità e di impunità, sono all'origine della questione morale che investe oggi soprattutto la sinistra nelle città e nelle regioni in cui governa da più tempo. La questione morale, tuttavia, tocca più direttamente e profondamente la sinistra anche per un'altra ragione. La sinistra, infatti, sempre con Berlinguer, ha brandito la questione morale proprio per offrire l'immagine di un cambiamento senza in realtà cambiare. Più precisamente, gli eredi della tradizione comunista italiana hanno creduto di accusare gli avversari di una questione morale allo scopo di fuggire ogni vero rinnovamento politico e culturale. Per evitare di diventare veri socialisti e autentici riformisti, i comunisti italiani hanno preferito cavalcare Tangentopoli, ammantandosi di una pretesa superiorità morale, cercando di liquidare gli avversari politici e illudendosi di poter conquistare il potere senza «pagare dazio», come si usa dire. Questa scelta cinica e al tempo stesso disperata, si sta rivelando un errore per la sinistra stessa e un'occasione mancata per l'intero Paese. A molti anni di distanza da Tangentopoli, tutte le questioni all'origine dell'intreccio perverso tra lo Stato e il sistema dei partiti sono irrisolte, con l'aggravante che i partiti si sono dissolti lasciando lo spazio libero per fenomeni di immoralità legati proprio alla debolezza dei partiti politici organizzati. In più la crisi della giustizia si è aggravata fino ad esiti inimmaginabili. La sinistra italiana è la causa di questa crisi, ma nello stesso tempo ne paga oggi il prezzo più alto. Ci vorrebbe coraggio per uscire da questa situazione. Quel coraggio, ad esempio, che ha avuto Violante, che pure molte responsabilità ha avuto nel passato nelle scelte che la sinistra ha compiuto. Per spingere la sinistra a questo coraggio, non ci vuole un irenico appello al confronto, pure necessario e lodevole. Ci vuole anche una certa rudezza e ruvidezza. Poiché la sinistra italiana ha sempre reputato di rappresentare il meglio della politica, della cultura e della moralità pubblica, deve essere risvegliata da uno stato di ipnosi affinché sia capace di prendere quelle decisioni che ha sempre rifiutato di assumere.