La nuova sfida di Brunetta: «Donne in pensione a 65 anni»

Il ministro spiega che la riforma che dovrebbe portare anche le donne ad andare in pensione a 65 anni, dovrebbe contemperare l'esigenza di innalzare l'età del pensionamento con la necessità di «non turbare con eccessive modifiche le aspettative degli italiani». Per questo si sta «mettendo in piedi un gruppo di studio» anche se, rilancia, occorre agire in questa direzione, ed è necessario «fare presto e bene». Tra l'altro, continua, «recuperando alla vita lavorativa attiva la classe di età 55-65, recuperiamo il 10% dello spaventosamente basso tasso di occupazione italiano. Questo significa avere 2,5 milioni di posti di lavoro in più». Insomma per Brunetta «l'Italia è matura per fare scelte difficili di lungo periodo. Per quanto mi riguarda, sono datore di lavoro di tre milioni e 650mila persone e mi applicherò con determinazione al perseguimento di questo obiettivo. Anche perché dobbiamo rispondere a una sentenza della Corte di Giustizia che ci chiede la perequazione dell'età di pensionamento degli uomini e delle donne». In ogni caso Brunetta puntualizza che «l'innalzamento dell'età dovrà essere raggiunto in modo flessibile e volontario». Ma soprattutto, «senza rimettere mano in maniera pesante alla riforma pensionistica». Fredda la reazione dei sindacati. Il segretario della Uil Luigi Angeletti boccia a metà la proposta («Non sono d'accordo sulla necessità, sono favorevole a fondare l'innalzamento sulla volontarietà, con incentivi») e anche il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni appare contrario («Le pensioni sono un tema delicato che non può essere utilizzato come uno spot pubblicitario»). Netto il no del segretario generale della Fp Cgil Carlo Podda («Non ci provare nemmeno») mentre Renata Polverini (Ugl) resta convinta che «una riforma delle pensioni in questa fase economica e sociale non avrebbe alcuna ragione di essere».