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Il segretario non riesce a trovare una soluzione per Firenze, Napoli e collocazione europea

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Niente di più. Anche perché, basta allargare appena un po' il perimetro della discussione per piombare nel più assoluto caos. Non c'è questione politica su cui i Democratici non si presentino in ordine sparso. Divisi su tutto e incapaci di arrivare ad una soluzione. Ieri, ad esempio, doveva essere una giornata risolutiva. A via del Nazareno grande adunata di big per discutere di: collocazione europea, Napoli e Firenze. Bilancio della giornata? Nessuna decisione significativa presa. E anche se Veltroni, in una nota, sottolinea che «le questioni si stanno sciogliendo in modo positivo e unitario con una forte spinta all'innovazione», per vedere effettivamente la luce, occorrerà aspettare ancora. Cominciamo dal posizionamento europeo del partito. Il «pomo della discordia» è noto: gli ex Ds spingono per entrare nel gruppo dei socialisti, gli ex Dl si oppongono. Il coordinamento allargato del Pd si è riunito di buon mattino. Quattro ore di discussione e, alla fine, il segretario ha tirato le somme. Una decisione epocale: Veltroni, affiancato da un gruppo di lavoro, avrà il compito di svolgere «un'istrutturia tecnico-politica» sentendo il parere dei partner europei. Due le ipotesi sul tavolo. Gli ex Ds gradirebbero la creazione di un nuovo gruppo unico che racchiuda socialisti, democratici e altre formazioni riformiste. Gli ex Dl non disdegnerebbero la formazione di un gruppo democratico autonomo che abbia poi rapporti con il Pse. Insomma, di certo c'è la volontà di mantenere un legame con il socialismo europeo. Del resto se ne riparlerà più avanti. Da Bruxelles ai problemi di casa nostra. Due le bombe che il Pd deve disinnescare prima che sia troppo tardi: Firenze e Napoli. Veltroni ha convocato a Roma i vertici locali del partito ma, alla fine, tutto è rimasto come prima. Sul capoluogo campano, dopo il rifiuto a dimettersi del governatore Antonio Bassolino, ci si aspettava un segnale forte. Ci sarà, ma non adesso. «In Campania - ha spiegato il portavoce Andrea Orlando al termine dell'incontro con il segretario provinciale napoletano Luigi Nicolais e quello regionale Tino Iannuzzi - vogliamo aprire una fase nuova nei contenuti, nelle persone, nelle metodologie». Tradotto: il candidato alla presidenza della provincia di Napoli (si vota nel 2009) e quello alle regionali (2010) saranno scelti con le primarie. E se in Campania le primarie saranno la soluzione, a Firenze sono il problema. Soprattutto da quando l'assessore Graziano Cioni, in corsa per la successione del sindaco Leonardo Domenici, è stato indagato per corruzione nell'ambito dell'inchiesta Castello-Fondiaria Sai. Un altro papabile, il presidente della provincia Matteo Renzi, pur non indagato è stato tirato in ballo. E così il Pd è dovuto correre ai ripari. Vista l'incapacità di far fare un passo indietro ai due, si è deciso di aggirare l'ostacolo. Le primarie si apriranno al resto della coalizione di centrosinistra «anche al fine di creare - si legge in una nota - le condizioni per una più forte coesione, in grado di garantire il successo dell'alleanza alle elezioni comunali». Ma la questione è tutt'altro che chiusa. Rifondazione comunista ha già fatto sapere di non essere interessata mentre Renzi, attraverso il responsabile della sua campagna elettorale Massimo Mattei, attacca: «Non si cambiano le regole a partita già iniziata». Insomma, nonostante una giornata di riunioni, tutto è rimasto esattamente uguale. Come se non bastasse domani il Pd parteciperà, in rigoroso ordine sparso, allo sciopero indetto dalla Cgil (ex Ds tendenzialmente sì, ex Dl tendenzialmente no). Poco male Veltroni ha comunque due problemi in meno da risolvere: sulla questione morale ha recuperato un minimo di intesa con Massimo D'Alema, e poi ha espulso Villari. Chissà, forse pensava che bastasse punirne uno per educarne cento.

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