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Il Cav tende la mano all'ex alleato Casini

Casini e Berlusconi

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Per parte sua, l'Udc sembra compiacersi per il corteggiamento ma non appare al momento intenzionata a cedere alle lusinghe. Intanto però proprio Casini si è seduto con il ministro Angelino Alfano attorno al «tavolo» per la riforma della giustizia suggellando così la dichiarata volontà di contribuire al disegno riformatore. Ed è proprio questo il tema che sta più a cuore a Berlusconi che di certo ha apprezzato la disponibilità manifestata dal leader dell'Udc che peraltro ha avuto parole sprezzanti per l'inviso Di Pietro e il suo «giustizialismo». «Per Casini le porte del Popolo della Libertà non sono aperte, sono spalancate», ha quindi esordito Silvio Berlusconi rivolto all'«amico ritrovato» (almeno sul versante della giustizia). «Casini - non ha mancato di recriminare il premier - ha deciso di non far parte del Popolo della Libertà e ha scelto una strada che lo sta portando su posizioni che hanno deluso molti suoi elettori e buona parte degli ex dirigenti dell'Udc». Ma il tempo sana le ferite e «speriamo cambi idea». In serata, poi, Berlusconi è tornato a tendere la mano all'ex amico Pier, circostanziando l'offerta anche alla luce delle prese di posizione giunte da An. «Porte spalancate» nel Pdl «che si formerà e avrà vita con il congresso che pensiamo di poter celebrare nella seconda parte del mese di marzo», ha detto il Cavaliere facendo presente all'Udc che ha l'opportunità di tornare all'ovile ma fondendosi nel Pdl, non restandone al di fuori come ad esempio la Lega. E il nodo è proprio questo, quello mai sciolto e che determinò la rottura in prossimità delle elezioni politiche.  Casini non ha mai avuto intenzione di sciogliersi nel contenitore unico e anzi tiene molto alla identità centrista che non solo non intende barattare, ma vuol far crescere e moltiplicare nel progetto a lui caro della Costituente, tenendosi le mani libere. E An lo sa. E infatti dal partito di Fini giunge quasi un altolà: «L'Udc è benvenuta - afferma il reggente Ignazio La Russa - a patto però che si ravveda e eviti di fare la politica dei due forni alleandosi una volta con noi e una volta con la sinistra», altrimenti, conclude liquidatorio il ministro della Difesa, «ognun per sé e Dio per tutti». Anche Andrea Ronchi appare problematico: porte aperte? «Solo se scelgono il bipolarismo» e condividono un «progetto politico». Inoltre, «l'Udc deve entrare nel progetto del centrodestra a livello nazionale e a livello locale, senza indulgere nella linea terzoforzista delle mani libere». Prima il congresso di fondazione del Pdl, poi si apre all'Udc, dice Adolfo Urso che suggerisce la linea del passo dopo passo. Ma, come si diceva, il partito di Casini non si mostra malleabile e le reazioni sono centellinate e all'insegna della freddezza. Rocco Buttiglione, dice che l'Udc non intende rinunciare alla sua identità e con l'occasione recrimina: «Berlusconi dice che le porte sono spalancate? Quindi è disponibile a fare alleanze con l'Udc in tutte le province italiane? Quello che non ho capito è proprio questo. Sembra che per Berlusconi noi siamo bravissimi se entriamo nel partito suo, ma se invece abbiamo un partito nostro siamo dei lebbrosi con cui non si possono fare le alleanze». «Ovviamente - è la conclusione del ragionamento del presidente del partito - noi non rinunciamo alla nostra autonomia e alla nostra identità». Tace invece Pier Ferdinando Casini che, già martedì durante il suo intervento al consiglio nazionale dell'Udc, aveva chiaramente detto che il disegno centrista «è in rotta di collisione con Berlusconi perché lui ha scelto il bipartitismo». Anche per questo Franceso Pionati, ultimo udccino approdato alla «corte» di re Silvio non ha dubbi: «Berlusconi conferma con lucidità le cose che ha sempre detto. Braccia aperte all'Udc se entra nel Pdl. Mi pare che le risposte arrivate da Casini, Buttiglione e Ciccanti non lascino dubbi: l'Udc nel Pdl non entra e coltiva, al contrario, una strategia solitaria e la politica delle mani libere». «Il discorso mi pare chiuso - insiste -. Se peraltro ci fossero state concrete possibilità di confluenza nel centrodestra, né io né tanti altri amici avremmo mai lasciato l'Udc». «Una eventuale inversione di rotta dell'Udc - prosegue Pionati - sarebbe tanto sorprendente quanto auspicabile: il superamento della politica fatta di equivoci e ambiguità e lo scioglimento dell'Udc nel Pdl rappresenterebbero un segnale importante per l'area moderata del Paese».

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