Dialogo ostacolato dagli ex magistrati
Infatti proprio ieri Luciano Violante ha ribadito di essere favorevole alla separazione delle carriere, si rompe di fatto anche l'unanimità sull'intoccabilità dei ruoli pm-giudici che vigeva a sinistra. Alla guida del partito che non vuole toccare nulla per ciò che riguarda la magistratura inquirente resta a questo punto solo Anna Finocchiaro, che come l'ex presidente della Camera, prima di intraprendere la carriera politica era una toga. La capogruppo del Pd al Senato si è infatti detta d'accordo con il dialogo con il centrodestra ma ha posto dei paletti nel merito che di fatto sono insormontabili per la maggioranza: «Da più parti si invocano riforme per la giustizia - ha detto sabato -. Per quello che ci riguarda siamo disponibili a ragionare di riforma della giustizia e non abbiamo problemi a sederci a nessun tavolo ma il problema è il merito. Noi vogliamo una giustizia più snella che garantisca tempi certi e che sia vicina agli interessi dei cittadini. Abbiamo perplessità a toccare la Carta costituzionale riteniamo necessaria l'obbligatorietà dell'azione penale e consideriamo l'autonomia e l'indipendenza della magistratura un principio da salvaguardare». E ancora più chiaramente ha specificato: «Se il Governo vorrà lavorare a una riforma che acceleri i processi amministrativi e penali troverà orecchie attente e nostre proposte. Separazione delle carriere e un Csm separato per i pubblici ministeri non ci convincono e non aiutano di certo a migliorare la qualità e la velocità dei tempi per la giustizia dei cittadini». Dunque, di obbligatorietà dell'azione penale, Csm separato e separazione delle carriere non se ne parla proprio. Inutile dire che sarebbero i punti dai quali vorrebbe partire il Pdl. Il no del Pd appare netto almeno a sentire il ministro della Giustizia ombra, Lanfranco Tenaglia, che ribadisce quanto già spiegato dalla Finocchiaro: «L'ordinamento giudiziario - ricorda l'ex magistrato - ha già subito delle modifiche negli ultimi tre anni e ora c'è una distinzione molto rigida tra chi giudica e chi indaga. Ma se facciamo una separazione delle carriere, chi controlla il pm? Chi garantisce che rispetti le regole e non agisca con fini diversi da quelli della giustizia?» Una linea che trova sponda - fuori dal «partito delle toghe» - solo nell'ala prodian-ulivista, visto che Franco Monaco sottolinea: «Chiarissimamente il governo intende approfittare dello scontro tra procure per dare un colpo di maglio all'indipendenza della magistratra. Obiettivo cui mira da sempre. Mai come adesso il Pd dovrebbe opporsi all'alterazione dell'assetto costituzionale della giustizia. Altri sono i problemi, altri i rimedi. È la posizione del Pd da sempre, ma se la cambiasse ora alimenterebbe il sospetto di essere tal quale Berlusconi, di malsopportare il controllo di legalita, specie in questo frangente critico». Ma non è la posizione di tutto il partito. Tanto è vero che il portavoce, Andrea Orlando, si guarda bene dallo scendere nel merito di questioni e si limita a porre una questione di metodo: «Il Partito democratico non accetterà mai di ratificare decisioni del governo alla cui stesura non abbia contribuito concretamente con le sue proposte e le sue idee».