Voglio il lusso, ma per tutti
L'idea di fondo è sempre la stessa: fare degli oggetti di lusso. La differenza sta però nel materiale utilizzato: l'argento, anima di tutta la sua collezione. Un lusso quindi non concepito come «eccesso», ma ugualmente «glamour» e per tutti i giorni. Gianni Bulgari, ha un cognome di peso nella storia della gioielleria italiana. Ma da qualche anno ha cominciato, in un certo senso, una seconda vita. A pochi metri dal negozio storico di casa Bulgari, in via Condotti, c'è "Enigma", il suo punto vendita dove si trovano oggetti di lusso, ma «alla portata di tutti». Cominciamo dall'inizio. Che ricordo ha dei viaggi con suo padre? «Ho cominciato a 18 anni affiancandolo per imparare il mestiere delle pietre. Quando poi mio padre si ammalò, io cominciai a farlo da solo. Era un mondo pieno di colore e mi sono appassionato moltissimo». Avevate un buon rapporto? «Tenga presente che mio padre era un uomo dell'800. I rapporti tra padre e figlio allora erano completamente diversi. C'era tanto rispetto verso la figura paterna. Ma anche un grande senso di autorità». Vi somigliate? «Credo di essere più simile a mia madre. Mio padre era un greco, molto mediterraneo nelle sue manifestazioni. Mia madre, italiana, di origine un po' germanica, era l'opposto: era una calvinista, più fredda, molto coraggiosa e disciplinata. Pensi che quando ero giovane, correvo in automobile. Mio padre era terrorizzato. Allora mia madre gli diceva sempre una frase: "Giorgio lascialo fare. I figli sono meglio morti che infelici"». Che rapporto c'è ora con i suoi fratelli? «Ottimo». Scusi, ma allora perché è andato via dall'azienda di famiglia? «Perché c'erano dei contrasti interni. Ad un certo punto ho deciso che non volevo più starci. Fu un'uscita laboriosa, ma alla fine l'ho presa». Quando prese in mano l'azienda di famiglia, però si divertì molto. «È vero. Avevo capito che il valore aggiunto di un prodotto era il design, non il materiale. Così decisi che bisognava puntarci sopra, e, senza averlo mai fatto, cominciai a disegnare. In una grande ristrutturazione (abbiamo chiuso via Condotti per un mese) ricostruimmo le varie parti dell'azienda. Cominciando da quella in cui si disegnavano e si producevano i prodotti, poi venduti nei negozi Bulgari. Ho preso con me un gruppo di giovani che non veniva dalla gioielleria: nessuno aveva mai disegnato un prodotto del genere. Abbiamo imparato insieme: un'esperienza interessante, durata 5 anni e in cui ho scoperto di avere una vena creativa». Come andò invece con la Moto Guzzi? «La comprai con un gruppo di americani nel 1997. Poi la rivendemmo nel 2000: era una compagine sociale troppo difficile». Da dove nasce Enigma? «Dopo aver fatto diversi lavori, quattro-cinque anni fa ho capito che era giusto concentrarmi sulla mia vera passione. Ho preso in mano questa società, aperta qualche anno prima, ricominciando ad occuparmi così di gioielli». Non crede che si possa creare un po' di confusione tra Gianni Bulgari e l'azienda madre? «Sì, forse un po' sì. Motivo per cui sto cercando di fare cose diverse, tornando alla mia idea originale». Cioè? «Realizzare il gioiello non come oggetto prezioso. Essendo l'argento un materiale non molto caro, ci si può sbizzarrire e fare oggetti straordinari, rimanendo però in costi accessibili». Quindi, bello ma economico. «Guardi, la donna vuole decorarsi. Ama mettere addosso i ninnoli, che però in realtà non devono essere oggetti troppo preziosi. Vedo molte donne oggi indossare oggetti presi sulle bancarelle. Proprio perché più decorativi». Quindi non le piacciono i gioielli classici? «Il gioiello tradizionale è celebrativo ma non tanto decorativo. Lo è stato nel passato. Penso alle grandi creazioni dei gioiellieri francesi negli anni '30. L'aspetto decorativo poi, nel tempo si è un po' perso». Riassumendo: usare l'argento per rendere gli oggetti preziosi più accessibili. Ma questa non è la filosofia di Tiffany? «Tiffany è sempre stato il gioielliere per le masse. E non è mai cambiato. Io faccio cose diverse». Un'altra sua passione sono gli orologi. Le piacciono di più rispetto ai gioielli? «Sono due mondi molto diversi. Il gioiello è un prodotto delle arti decorative. L'orologio è un prodotto industriale. In genere, chi sa fare l'uno non sa fare l'altro. La sola affinità è che si vendono nello stesso posto». Qual è il ricordo più bello di quando lavorava con suo padre? «Quando andai a trovare Barbara Hutton, mio padre la conosceva molto bene. Lei era un tipo stranissimo. Un giorno andai nella sua casa a Venezia. Mi accolse rimanendo a letto: elegantissima, vestita in seta. Voleva farmi vedere tutti i suoi gioielli: tirò fuori delle cose straordinarie e io mi divertii molto». Gianni Bulgari ha una copertina di Linus che si porta sempre dietro? «Quando ero piccolo avevo la "nanna": una copertina di lana con cui mi addormentavo tutte le sere. Poi si è consumata con gli anni e mi è molto dispiaciuto». Come le venne l'idea di costruire una macchina? «Ho sempre avuto il fascino per l'architettura delle auto. Avevo un modello in testa e l'ho realizzato insieme alla Lotus. Era una macchina normale, realizzata però intorno ad un progetto particolare di interni. Progetto troppo ambizioso...». Quanto si sente la crisi finanziaria nel suo settore? «Beh, un po' si sente. È vero che io faccio oggetti che costano meno rispetto ai gioielli classici. Ma, nonostante Berlusconi inviti a spendere, chi non ha i soldi non può farlo». Da come parla non sembra avere molta simpatia per il nostro presidente del Consiglio? (Ride) - «Diciamo che non è il mio personaggio preferito». Ne ha uno preferito? «In Italia no, nessuno». Se qualcuno della sua famiglia le proponesse di ritornare insieme? «Non credo sia possibile». Provi a immaginarlo. «Non ho pregiudizi. Potremmo trovare anche interessi comuni. Sono aperto a tutto».