Domenici s'incatena
Così è stato. Si è messo in macchina insieme ad alcuni collaboratori e da Firenze è arrivato a Roma. Era più o meno mezzogiorno, quando Leonardo Domenici è arrivato in via Cristoforo Colombo numero 90. Si è incatenato ad un palo davanti alla redazione romana del quotidiano: ben tre giri di catena, chiusi da un lucchetto d'acciao. Un collaboratore srotola davanti a Domenici due cartelli: «Sì alla difesa dell'onorabilità e della dignità», e «No all'informazione distorta». Dopodichè comincia lo show. Passa poco tempo e cominciano ad arrivare i giornalisti, tutti attirati dal gesto curioso del primo cittadino di Firenze. «Scusi ma contro chi protesta?», chiede un cronista. Innanzitutto le scuse del sindaco. «Questa è una protesta inconsueta per me. Non coerente con il mio carattere. Non mi ero mai incatenato, né avevo protestato in maniera così clamorosa per quello che ritengo sia un torto gravissimo». La vicenda è quella riportata con ampia eco da tutti i media, in questi giorni. L'ormai decennale progetto di Fondiaria a Castello, periferia nord di Firenze. Un'inchiesta che parla di corruzione e che ha messo nei guai un assessore dell'attuale giunta comunale e un assessore regionale. Tirando in ballo il costruttore Salvatore Ligresti, il patron della Fiorentina Della Valle e lo stesso sindaco. Intercettazioni dove il primo cittadino ribadisce la sua contrarietà al parco, puntando sulla costruzione di un nuovo stadio. Durante la protesta, i suoi più stretti collaboratori gli hanno portato generi di conforto, soprattutto cioccolato fondente; uno dei vicedirettori di «Repubblica», Dario Cresto-Dina, è sceso a salutarlo. A chi gli chiedeva come si sentisse in questa inusuale veste di cittadino che protesta, Domenici spiegava di essere sereno. «Finalmente dico quello che volevo dire da tempo. Non ho niente da nascondere, ho 53 anni e non possiedo una casa (è di mia moglie), né un'automobile». I giornalisti aumentano. Collegamento con i tg, le radio, rilascio di dichiarazioni ai cronisti di carta stampata. Passa un'ora e 45 minuti. «Ora ragazzi, fatemi andare». La sua addetta stampa tira fuori la chiave e lo libera. Tutti verso la macchina parcheggiata lì davanti. «Se lascerò la politica - spiega il sindaco - sarà solo in virtù dell'amarezza provata nel sentirmi un pò fuori moda rispetto al circuito distorto che si è creato fra politica e informazione». Gia.Ron.