Il nostro è un sistema ormai semidefunto
Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia della Camera torna a parlare di una materia a lei cara, la riforma della giustizia. Una materia sulla quale lei più volte si è espressa, mettendo in luce le penombre del nostro sistema giudiziario e, da "esperta su campo", avanzando anche qualche proposta. Intanto, secondo l'avvocato Bongiorno esiste un «imperativo categorico», vale a dire «quello di fare riforme che non siano destinate ad essere cancellate da una diversa maggioranza. Anche per questa ragione è necessaria la condivisione. Proporrei di ritagliare subito dall'ampia area di interventi possibili quelli che trovano, nella sostanza, il consenso anche del PD». A proposito di Pd, dopo le ultime vicende giudiziarie riguardanti l'opposizione, ora anche tra loro qualcuno sottolinea la necessità di intervenire su un "sistema malato". Forse ora sarà più facile avere un dialogo tra le parti. «Le riforme devono essere frutto di una analisi lucida del sistema e non devono invece scaturire dalla reazione ad un singolo episodio. Sarebbero frutto dell'emotività, nulla di peggio di un legislatore emotivo. Che il sistema sia malato lo pensavo anni fa. Ora temo sia semidefunto». Semidefunto, appunto. Dunque, da parlamentare ma soprattutto da avvocato pensa che ormai siamo davanti ad una giungla senza regole e senza tutele? «Magari fosse un problema di regole! Il vero problema è che non sempre le norme sono attuate. A volte si fanno leggi per fare applicare alcune norme che già esistono. Ad esempio il codice prevede che le intercettazioni si facciano solo quando indispensabili ed invece vengono disposte anche quando è soltanto comodo per raggiungere un risultato investigativo che si potrebbe raggiungere diversamente. Posso fare un altro esempio?» Prego. «La legge prevede che un processo abbia durata "ragionevole", ma non vi è nulla di ragionevole in processi che durano in media 8 anni». Quale potrebbe essere il punto di partenza per cambiare questa situazione? «La priorità è l'efficienza. Servono nuove risorse e nuovi modelli organizzativi. Mi sembra significativo che da alcune Procure e Tribunali è stato dato esempio di quanto la buona volontà dei singoli magistrati può in parte sopperire anche alla mancanza di risorse. Ma servono anche riforme che riguardano la magistratura. Credo che si dovrebbe intervenire sul sistema di accesso alla magistratura, i criteri attuali di selezione sono inadeguati. Serve assolutamente che il giovane laureato faccia un periodo di tirocinio sotto il controllo di un magistrato che abbia già maturato un certa esperienza. Questo periodo di tirocinio lo ritengo davvero indispensabile. Forse si limiterebbe l'accesso alla magistratura di soggetti non idonei a svolgere una funzione cosi delicata». Sembra fiduciosa. Magari questo potrebbe essere un campo in cui è possibile trovare delle intese con il Pd. «Sarebbe molto importante se si trovasse un accordo per modificare nel senso che ho detto la selezione dei magistrati». Quanto secondo lei c'è bisogno di una valutazione più rigida e selettiva verso il lavoro dei magistrati? «Alcuni magistrati lavorano il sabato e la domenica, altri sono troppo spesso assenti. Esistono dislivelli di produttività che derivano in parte anche dalla mancanza di adeguati controlli. I controlli sulla produttività sono indispensabili e devono essere rigorosissimi. Altrimenti i migliori sono penalizzati». Cosa ne pensa della vicenda De Magistris? «La maggior parte della magistratura in Italia è corretta ma una vicenda così grave come quella di cui sono protagoniste le Procure di Salerno e Catanzaro credo che nuoccia all'immagine di tutta la categoria e che faccia nascere dubbi sull'intera magistratura. Capisco che ci possano essere dei conflitti tra politici, ma tra magistrati scontri del genere non sono davvero accettabili».