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I nuovi potenti dell'era Alemanno

Alemanno

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Una mappa che, a ben guardare, ha trovato la strada spianata dalle grandi manovre avviate già da alcuni mesi nelle associazioni d'impresa. Pochi uomini che hanno fatto inciampare il candidato Rutelli e che oggi il sindaco mette al timone delle sue corazzate.   In principio fu Acea spa, la società che fornisce elettricità e acqua ai romani. Il 22 ottobre il presidente, veltroniano di ferro, Fabiano Fabiani, ha rassegnato le dimissioni dando il via al Risiko. Al suo posto si è seduto Giancarlo Cremonesi, da sempre amico di Alemanno, che già da un anno (non senza sorpresa) aveva conquistato il vertice dell'associazione dei costruttori romani. Completano la prima parte del puzzle del potere capitolino l'Atac, la società dei trasporti, e l'Ama, che gestisce i rifiuti. Sono le aziende più grandi (da cui si governa Roma) in cui sono transitati gli esponenti politici più importanti del centrosinistra nostrano. Ebbene, alla presidenza dell'Atac (al posto di Fulvio Vento), è stato nominato Massimo Tabacchiera. Veltroniano pentito da due anni, già alla guida della Federlazio e dell'Ama e bersagliato, allora, dagli attacchi del centrodestra, ha impresso la svolta. Ha abbandonato il nido Bettin-Veltroniano (anche perché era stato più o meno scaricato), rinunciato a un paio di incarichi di ripiego e ha scelto Alemanno.   Resta l'Ama, un'azienda con 6.500 dipendenti. Il presidente Giovanni Hermanin (Pd, ex Margherita) si è dimesso ieri, a giorni toccherà a un esponente di An raccoglierne l'eredità: in testa ci sarebbe Daniele Clarke. Anche se per tenere d'occhio le cose, già prima dell'estate il sindaco ha assegnato a Gianfranco Panzironi, fanfaniano convertito ad An, il posto di amministratore delegato. Completata la triade Acea, Atac e Ama, toccherà alle altre spa comunali che, in fondo, sono poca roba. Sul terreno politico restano i mal di pancia di Forza Italia che, almeno per ora, non è stata invitata alla festa del Post Veltroni. Ma il domino del potere è partito e cresciuto nelle organizzazioni d'impresa, in cui a un certo punto gli stessi pochi uomini, adesso alla guida delle aziende comunali, hanno dato una sterzata. Che avessero fiutato l'implosione del modello Roma e lo scivolone del due volte sindaco Rutelli?   L'Acer ha dettato la linea: dal veltroniano Susi all'alemanniano Cremonesi (ora al suo posto per i prossimi due anni ci sarà Eugenio Batelli). Un ruolo l'ha avuto anche la Federlazio, guidata da Tabacchiera. Proprio lui l'ha spostata pian piano sempre più lontano da Veltroni (con gioia degli iscritti, tradizionalmente vicini al centrodestra). Una scelta all'epoca controcorrente ma che ha finito per mettere in crisi gli stessi equilibri dell'economia romana. Innanzitutto nella Camera di Commercio che, trainata da Andrea Mondello per quindici anni, è stata il motore dello sviluppo della città eterna e la cassaforte del Campidoglio. Con Alemanno sindaco e le decisioni di Tabacchiera ha ripreso corpo l'opposizione dell'ente camerale: Unione degli industriali (il sempreverde Luigi Abete prima e ora Aurelio Regina, vicino a Giuliano Amato) e Confcommercio (Cesare Pambianchi). Tanto che la successione a Mondello è entrata nell'agenda degli addetti ai lavori. Mancherebbe ancora un anno e mezzo all'avvicendamento ma gli obiettivi degli avversari si fanno sentire. Di certo Mondello non farà la fine della principessa rinchiusa nella torre e, dunque, potrebbe anche lasciare in anticipo. Non prima di aver giocato tutte le sue carte per spingere al vertice di Via de' Burro' il «suo» (e della Cna) Lorenzo Tagliavanti.   C'è un'appendice alla nuova mappa del potere romano: la prefettura. Achille Serra, nonostante una vecchia elezione in Parlamento con Forza Italia, rimase talmente folgorato dall'allora sindaco Veltroni da seguirlo nel Pd. Il 20 luglio 2007 è toccato a Carlo Mosca. Chi si aspettava un poliziotto «modello Serra» è rimasto deluso. Un po' professore un po' filosofo Mosca è entrato in rotta di collisione con il Campidoglio: no alle impronte ai ragazzini nomadi, no agli sgomberi dei campi rom. Il ministro Maroni e il sindaco Alemanno (fan della tolleranza zero) hanno tollerato sei mesi e poi hanno chiamato il cambio. In via IV novembre è arrivato Giuseppe Pecoraro: prefetto sì e probabilmete più in sintonia con il nuovo corso tanto che ha subito raccolto la lista di priorità (dai troppi cortei in centro storico alla sicurezza) del primo cittadino. E se i salotti sono rimasti orfani degli habitué veltroniani, c'è anche chi, espulso dalla mappa del nuovo (e del vecchio) potere, ha dovuto reinventarsi. Il potente ex assessore ai Lavori pubblici Giancarlo D'Alessandro è tornato a scuola (fa il preside) mentre quello alla Cultura Silvio Di Francia è stato ripescato nello staff del governatore Marrazzo. Effetti collaterali del cambio di costellazione.

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