Scoppia la guerra delle tv
Ai piani alti dell'emittente di via Salaria l'hanno presa molto male, anche perché - senza fare tanti giri di parole - considerano il provvedimento una vendetta di Berlusconi nei confronti di Murdoch. Due i commi in questione: quello che istituisce la porno-tax (i canali di sesso esplicito uan delle principali entrate derivanti dalla piattaforma) con il prelievo del 25% sulle produzioni e quello che raddoppia l'Iva (dal 10 al 20%) sulla pay-tv. In questo secondo caso, a pagare sarà anche Mediaset (tra l'altro, diventata pochi giorni fa socia di Murdoch nella tedesca Premiere) per quanto riguarda il digitale terrestre. Ma è chiaro che il costo più salato ricadrà sulla tv satellitare. Che - dopo una serie di riunioni al vertice - ha deciso di far parlare l'amministratore delegato di Sky Italia, Tom Mockridge, la cui ultima dichiarazione pubblica risaliva all'agosto del 2007. Mockridge stavolta usa parole di fuoco: con il raddoppio dell'Iva sulla pay tv «le tasse generate grazie agli abbonati di Sky cresceranno a 580 milioni di euro, una crescita evidentemente in contrasto con l'affermazione del governo che questo pacchetto "sostiene lo sviluppo delle imprese"». E ancora: «Deve essere chiaro dunque che questo provvedimento è un aumento delle tasse per le oltre 4,6 milioni di famiglie italiane che hanno liberamente scelto i programmi di Sky». «In una fase di crisi economica i governi lavorano per trovare una soluzione che aumenti la capacità di spesa dei cittadini e sostenga la crescita delle imprese con l'obiettivo di generare sviluppo e nuovi posti di lavoro», sottolinea l'ad di Sky Italia. «Ad esempio, questa settimana, il primo ministro inglese Gordon Brown - continua Tom Mockridge - ha annunciato una riduzione dell'Iva dal 17,5% al 15%. Il governo italiano ha annunciato invece una misura che va nella direzione opposta: il raddoppio dell'Iva sugli abbonamenti alla pay-tv dal 10 al 20%». Per Mockridge inoltre «da un punto di vista industriale questo aumento delle imposte si applica solo ai clienti della pay-tv, un settore che proprio in questo periodo di crisi stava dimostrando fiducia e potenzialità di crescita, mentre i clienti dei prodotti editoriali stampati continuano ad accedere ad un'Iva agevolata al 4%, così come gli abbonati della Rai quando pagano il canone, una scelta strategica che appare anch'essa in contraddizione con gli obiettivi che questo pacchetto normativo si dovrebbe porre. Sky informerà immediatamente i suoi oltre 4,6 milioni di abbonati di questa decisione del governo di aumentare le loro tasse affinché in questi tempi difficili abbiano chiaro che cosa sta accadendo alla loro capacità di spesa». Un avvertimento minaccioso che prelude a quello che in ambienti Sky si immagina come una scelta irreversibile: l'aumento del costo degli abbonamenti che potrebbe essere, secondo calcoli, nell'ordine di una media del 10%, ovvero quanto gli abbonamenti sono rincarati in cinque anni. Intanto ci si prepara alla battaglia parlamentare. Che non sarà facile, visto che nel quartier generale di via Salaria vedono con un certo sospetto il fatto che Tullio Camiglieri, che nel marzo scorso ha lasciato l'azienda dove era direttore della Comunicazione (oggi è consulente Anica), sia un assiduo frequentatore della stanze del ministero dei Beni culturali. Dicastero che ora dovrà stabilire il regolamento di applicazione della porno tax. Ma è ovvio che la sortita del governo viene considerata un aiuto a Mediaset (che pure l'altra sera aveva criticato il decreto). Il Pd già si è detto pronto ad alzare le barricate in Parlamento, almeno contro il raddoppio dell'Iva. Non sarà facile cambiare la norma, ma la speranza è di attirare l'attenzione di quattro milioni e mezzo di italiani.