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Oggi 29 novembre , i 20 maggiori istituti econometrici ...

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Dobbiamo fasciarci la testa ed intonare geremiadi? Gli effetti sulle aspettative di individui, famiglie ed imprese sarebbero disastrosi: il 2009 potrebbe diventare anno di recessione pesante, non morbida, ed il fenomeno potrebbe protrarsi al 2010. Occorre, quindi, operare per una svolta di cui il decreto legge appena varato dal Governo è l'antipasto oppure il primo piatto (secondo il numero di pietanze in cui si vuole articolare la manovra di rilancio non inflazionistico ed in linea con i saldi di bilancio pubblico). In primo luogo, occorre agire presto, anzi prestissimo, in materia tributaria. Siamo consapevoli dei vincoli entro cui si è costretti ad operare; sappiano che tali vincoli diventano più severi perché la crescita negativa riduce il gettito. Le misure essenziali per il rilancio sono due : a) una riduzione dell'Iva (come proposto il 25 novembre da Il Tempo anticipando la maggiore flessibilità in materia auspicata dalla Commissione Europea); b) agire con sgravi tributari mirati ai settori che operano con capacità inutilizzata (meccanica, elettronica, chimica). Tali sgravi non sono inflazionistici e possono essere effettuati senza mettere a repentaglio i conti pubblici. Si sarebbero potuti mirare con precisione se il Governo Prodi non avesse impedito l'aggiornamento della strumentazione tecnica necessaria (la matrice di contabilità sociale dell'Istat su cui applicare modelli computabilo). Meglio muoversi con una certa approssimazione che strapparsi i capelli e rotolarsi per terra in attesa di strumenti migliori. I piagnistei possono soltanto aggravare la situazione. In secondo luogo, occorre prendere spunto dai numerosi provvedimenti previsti nel decreto legge come misure-tampone (dirette a fronteggiare l'emergenza) allo scopo d'accelerare la riforma degli ammortizzatori sociali e la revisione organica della fiscalità sulla famiglia (o tramite il "quoziente framiliare" o tramite deduzioni crescenti). In terzo luogo, occorre porre fine a scioperi che penalizzano specialmente i ceti a reddito medio-basso e fanno ulteriormente slittare il Paese verso la recessione. A tale scopo, occorre un'intesa tra parti sociali sulla contrattazione e su cosa intendere per inflazione "programmata" (per i prossimi anni) e su come ricavarla. Non mancano metodi per farlo. In quarto luogo, occorre l'abolizione degli enti poco utili o le cui funzioni possono essere affidate ad altri (le Province e non solo) per destinare le risorse umane e strumentali della Pa verso attività a più alto rendimento economico e sociale. In quinto luogo, l'Italia deve fare sentire la propria voce tra quelle di chi chiede un ritocco al ribasso dei tassi direttori nell'area dell'euro. La svolta è possibile. Dipende unicamente da noi.

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