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Tremonti vara la Social card per oltre un milione di italiani

Il governo presenta la social card

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«È una polemica nella quale non vogliamo entrare - sottolinea Tremonti - noi pensiamo che a questi soggetti 40 euro servono, fanno la spesa di beni di consumo di base». A chi poi accusa il governo di voler identificare una classe sociale, Tremonti replica che «non c'è nessun intento di questo tipo». Al momento però la social card non ha riscosso molto interesse da parte della grande distribuzione. Secondo il ministero dell'Economia solo il 5% dei supermercati e ipermercati ha aderito al progetto. Tremonti si è detto rammaricato di questo riscontro. Il ministro poi spiega che la social card ha un precedente illustre. Prende esempio dal Food Stamps Programm americano, attuato nel 1939-1943, ma poi riavviato nel 1961 «per iniziativa del partito democratico americano, durante la presidenza Kennedy». Il costo dell'operazione è assolutamente compatibile con le esigenze del bilancio pubblico: costerà allo Stato 450 milioni di euro e, ha spiegato il ministro, sono già arrivate «significative donazioni da Eni (200 milioni) e Enel (50)». La prima fase di applicazione, da ottobre a dicembre di quest'anno, verrà finanziata con un minima quota della Robin Hood tax. Questa imposta, ha detto Tremonti, «ha consentito di evitare tagli allo stato sociale». Il ministro ha poi aggiunto che il Cipe che dovrebbe sbloccare 16,6 miliardi di euro per le infrastrutture, è stato rinviato per consentire «una riflessione congiunta a ridosso della situazione economica nazionale e internazionale che si è determinata». Sempre in risposta alle critiche della sinistra Tremonti ha sottolineato che «il governo non è in ritardo con le misure a sostegno dell'economia reale, ma è in linea con gli altri Paesi europei». Mentre decolla la social card, la detassazione delle tredicesime sembra definitivamente archiviata. A meno di ripensamenti dell'ultima ora il Consiglio dei ministri di venerdì varerà un bonus una tantum legato al reddito e alla composizione delle famiglie. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti sarebbe quindi riuscito a convincere Berlusconi nel corso di un lungo incontro a Palazzo Chigi ricordandogli le conseguenze pericolose per il bilancio pubblico di un allentamento della spesa. Intanto il commissario agli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia, frena sulla possibilità di un allentamento dei parametri di Maastricht, ipotesi caldeggiata dal presidente francese Sarkozy e dal Cancelliere tedesco Merkel. Almunia ha spiegato che sarà concesso uno sforamento del tetto del 3% del Pil per il deficit «ma restando vicini a questa soglia e per un periodo ridotto, quindi non oltre un anno». La risposta della Ue alla crisi non ha convinto però i mercati del Vecchio Continente che hanno dato risposte tiepide. Anche Tremonti è dello stesso avviso. L'Italia, con l'alto debito pubblico, non si può permettere di modificare i parametri di Maastricht. Il rischio è di veder schizzare i tassi d'interesse e di essere costretti nell'arco di pochi mesi a fare una manovra correttiva onerosa per l'economia. In ogni caso restano in ballo anche altri capitoli spinosi. Tra i nodi da sciogliere quello della rottamazione, o meglio degli incentivi per le auto a condizione di rispettare criteri di efficienza energetica.

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