Il Pdl dei veti

Non ha voglia di parlare. «Ho comprato un bel libro per Fabrizio (Cicchitto ndr). Stasera vado alla sua festa». E sgrana un sorriso di circostanza. accelera il passo. D'accordo, ma Fini e il cesarismo? Bocchino scandisce le parole una per una: «Fini ha espresso un giudizio politologico alla presentazione di un libro. Da presidenzialista convinto si rende conto della necessità di eventuali contrappesi». Non si riferiva al Pdl e a Berlusconi? «Devo andare, buon giorno», saluta il vicecapogruppo alla Camera del Pdl giunto nel frattempo all'altro capo della piazza. Dove Amedeo Laboccetta, altro deputato in grande sintonia con il presidente della Camera, avvolto in un impermeabile chiaro fuma un sigaro appoggiato a un'auto della polizia. Mani infilate nella tasca della giacca, Laboccetta sghignazza: «Abbiamo messo l'auto nel parcheggio autorizzato del Pdl». E che vuol dire? «Vuol dire che la destra ha un posto nella storia della politica italiana e non può essere liquidata in dieci minuti». Ah, ecco. Dietro le dichiarazioni di Fini c'è il consiglio nazionale di Forza Italia di venerdì scorso. Il discorso di Berlusconi durato appena un breve tratto delle lancette, il fatto di non aver nominato An, l'aver presentato l'intera operazione di nascita del Pdl come una semplice evoluzione di Forza Italia e non della confluenza dei due partiti. Così, se Fini chiede più regole democratiche dentro i partiti manda a dire al Cavaliere di rispettare anche questa parte. Non è in discussione l'approdo finale, il Pdl, ma come ci si sta arrivando. Qualcosa s'è rotto. S'è rotto nel rapporto tra i suoi due principali partiti. Sotto accusa finisce di nuovo quel rapporto 70 posti a Forza Italia e 30 ad An sottoscritto in primavera. Sotto accusa finisce anche la trattativa tra Verdini, il coordinatore degli azzurri, e La Russa, il reggente degli anennini. Il quale convoca i quadri per spiegare che «nel nuovo soggetto entreremo con la nostra identità, non c'è nessuna bandiera da ammainare». Per minimizzare. Laboccetta viene a sapere delle parole del ministro della Difesa e non concorda. Arriva gongolante da piazza Colonna Roberto Menia, l'unico manifestamente critico nei confronti della nuova formazione politica. Confessa subito: «Stamattina ho chiamato Fini. Gliel'ho detto: "Sul cesarismo finalmente ho ascoltato delle tue parole che mi hanno fatto piacere"». E Fini? Menia fa finta di non aver capito la domanda: «Piacere, ho detto proprio così». Bene, e Fini che cosa ha risposto? «Non posso dirlo. Ma penso di non essere più il solo ad avere dubbi sul Pdl e sul modo con il quale si sta costruendo». Dentro il Palazzo, Forza Italia fa finta di nulla. Bonaiuti, di primo mattino, aveva glissato in una trasmissione tv: «Non dimentichiamo che Giulio Cesare non era certo un personaggio negativo: varcò il Rubicone e portò sulla scena nuove classi produttive». A Montecitorio Giorgio Stracquadanio invece si spinge oltre: «Fini non ha compreso che l'intervento di Berlusconi al consiglio nazionale di Fi era tutto testo a valorizzare An. Nel discorso del '94 si faceva appello alle forze in difesa della libertà. Fu un discorso che arrivò subito dopo l'annuncio di Berlusconi "a Roma voterei Fini" che ammise la destra nel gioco politico dal quale era stata esclusa. Dunque, chi è a destra dovrebbe riconoscersi a pieno». Nessuno se la sente di andare oltre. L'argomento di ritorsione è il sistema antipianisti voluto da Fini con le impronte digitali. Siccome sarà volontario, molti tra gli azzurri stanno preparando un piccolo sciopero bianco. E persino il capogruppo Cicchitto, un garantista antipoliziesco, sarebbe perplesso almeno dal punto di vista normativo. D'altro canto il voto con impronta piace tanto ai dipietristi. Nel bel mezzo del pomeriggio ci pensa anche Fabio Granata, vicepresidente dell'Antimafia e altro finiano di stretta osservanza, a mettere altra benzina sul fuoco. Parlando della Vigilanza Rai avverte: «Il centrodestra dovrebbe dare un segnale concreto, forte: rendere impossibile l'attività della commissione». Panico. Poi i senatori del Pdl, tutti assieme, rispediscono la richiesta al mittente. Alla buvette Giorgio Lainati, vicepresidente forzista della Vigilanza, sorseggia un aperitivo: «Granata chi?»