Maradona, il campione tornato dall'inferno
{{IMG_SX}}Uno che, come dice giustamente il suo amico Ciro Ferrara, ex compagno dei due scudetti: Ha sempre fatto parlare di sé». Da calciatore, ovvio. Il più bravo di tutti, secondo un sondaggio poco contestato qualche anno fa. Ma anche da uomo. E non certo per cose edificanti: la sua dipendenza dalla cocaina. Che gli ha regalato crisi, debolezza, obesità e due ricoveri ad un passo dalla morte, da quel "Barba" - come Diego chiama l'Onnipotente - che evidentemente non lo voleva togliere da questo mondo troppo presto. E poi una rinascita. Prima fisica, con il dimagrimento e l'assenza di cocaina. Quindi professionale, con un logico ritorno al suo mondo, quello del calcio, come allenatore della nazionale argentina: la chiamano "seleccion" gonfia di talenti che, da Messi fino a Zarate, passando per Aguero - il genero ventenne che ha impalmato la secondogenita di Diego, Giannina - sognano di diventare l'erede del grandissimo Pibe de Oro. Sì, Diego Armando Maradona ha fatto sempre parlare di sé. Ma a differenza di molte altre stelle, sportive e no, ha sempre costantemente pagato tutto in prima persona. Prima da calciatore e poi da ingombrante ex. Prima sul campo, con calci, sputi, fratture e squalifiche più o meno dirette da regie occulte; poi da uomo, ridotto a fenomeno da baraccone per saldare i suoi debiti, per garantirsi la dose, per far felice quella feccia argentina che per troppi anni gli ha succhiato vita e intelligenza, in cambio di dollari, prostitute e quella vita glamour che, specie in Sudamerica, e specie per i suoi figli più poveri, ha un fascino irresistibile. Ecco, al di là di tutto, Maradona è stato sempre quello che, alla fine, si alzava da tavola e pagava il conto. Spesso caro, carissimo. A volte quasi fatale. Pochi gli amici veri che gli anni salvato la vita. Uno di questo, italiano, ex come lui del Napoli della gloria scudettata, si chiama Bagni di cognome e Salvatore di nome. Coerente a quest'ultimo, il popolare ex giocatore ed ora commentatore tivvù, ha tenuto Maradona nella sua villa romagnola per molti anni, ripetutamente. Al riparo dai lacchè e dai parassiti che giravano intorno alla sagoma obesa del Diego Maradona ex, drogato e depresso. Perché lo ha fatto Bagni? Perché nessun calciatore che ha giocato con Diego - dalla lontana Argentina, quella del generale Videla, della dittatura, del mondiale del '78 che lo vide solo spettatore, fino ai compagni ultimi delle comparsate spagnole e poi di nuovo argentine - ha mai parlato male di lui. Generoso e leale, vero nei suoi eccessi, ma sempre solare, cristallino. Genialità calcistica e debolezze di un uomo cresciuto con la voglia di rivincita contro la povertà, il mondo, gli invidiosi. Una "pista" di cocaina per resistere allo stress, non certo per dribblare meglio. Del resto chi poteva farlo meglio di lui? La sniffata era per fare tardi, inghiottire avidamente la vita; per abbracciare l'ennesima conquista, per caricarsi in modo chimico di fronte ad un Mondo che scrutava ogni suo attimo di vita. Già, la vita di Diego Armando Maradona è un racconto senza fine, ispirato quasi alle pagine dei romanzi di Osvaldo Soriano. Un "hidalgo" sbalestrato proprio come quel Chisciotte di memoria iberica. Perché proprio quando tutto sembrava perdersi in una camera di rianimazione, con funerale sontuoso e ricordi commossi da tutto il Mondo, - come direbbe Diego - aveva in serbo nuove sorprese. Una rinascita ed un lavoro, prestigioso, ambizioso, difficile. L'Argentina che vinse con lui un mondiale nell'86 in Messico e lo sfiorò quattro anni dopo in Italia, cerca con la sua direzione nuova gloria in Sudafrica tra un anno e mezzo. Sfida difficile. Ma i giovani talenti - molti dei quali giocano in Europa - lo ascoltano, pronti a seguirlo. Perché come scrisse in una bella autobiografia, "Io sono el Diego". Basta la parola. Uno come lui, che ha fatto la storia del calcio, non ha bisogno di dimostrazioni. È un postulato. Un'iperbole assurda e imprevedibile. Proprio come sono le essenze di un gioco bello e globale come quello del pallone.