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«Essere diventato campione a Scampia vale tre volte in più»

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Oggi è un idolo di tutti i giovani del quartiere, un esempio di come si possa spezzare il circolo vizioso e uscire dalla spirale della criminalità camorrista. Che cosa ha significato per te lo sport e il judo in particolare? «Io sono nato e cresciuto qui, alle Vele. E il judo mi ha fatto capire che c'era una possibilità per me diversa da quella degli altri ragazzi. Vedevo gli amici che imboccavano la strada sbagliata, quella dei clan. Oggi qui c'è il "clan" del judo, il clan dei Maddaloni». Da quanto è attiva questa struttura? «Dal 2000 e, da un anno è gratuita anche se ci mancano i fondi per mandarla avanti. Io mi sono allenato per le olimpiadi in una cantina. A spingermi erano la fame, la rabbia e la voglia di emergere». Che cosa vuol dire essere un campione a Scampia? «Esserlo diventato qui vale tre volte che altrove. E questo vale anche per chi si laurea a Scampia, perché qui non c'è neanche una cartoleria...». Che cosa chiedi per i giovani del quartiere? «Sogno che i ragazzi che frequentano la palestra si moltiplichino, sogno che al posto dello stadio che non si farà nell'ex caserma di Miano nasca una città dello sport». Come sono cambiati i ragazzi in palestra? «Guarda! Qui una sola persona parla e cento ragazzi obbediscono. A casa, invece, un genitore fa fatica a farsi ascoltare da due o tre figli». Qual è il tuo messaggio ai frequentatori della palestra? «Dico che non basta vincere, conquistare il primo posto o una medaglia. Bisogna dare il massimo di se stessi e imparare a migliorarsi». Anche questo è un sogno o può diventare realtà? «È un sogno realizzabile. Tempo fa è venuto qui un uomo con un ragazzino e mi ha detto: "Non voglio che mio figlio diventi come me". Scampia è anche questo». Ma. Ga.

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