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«Walter due volte incapace»

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A sostenerlo è il capogruppo al Senato del Pd Maurizio Gasparri, autore di una legge sul sistema delle comunicazioni e sul servizio televisivo pubblico che, con l'articolo 20, dà ai commissari la facoltà di scegliere sette nei nove membri del Consiglio d'amministrazione. Senatore, che cosa è successo in questi cinque mesi? «Noi eravamo pronti a votare per Orlando. Poi, quando Veltroni è tornato dagli Usa e un'intervista aveva rivelato che c'era la possibilità di dare all'esponente dell'Idv la Vigilanza, a Pietro Calabrese la presidenza Rai e a Stefano Parisi la direzione generale di viale Mazzini, il segretario del Pd ha parlato di inciucio con Berlusconi e ha fatto saltare tutto. Orlando, inoltre, ha aggravato la situazione parlando sui giornali di "autoritarismo argentino"». E poi? Il secondo tentativo? «Ci fu la riunione di tutti i capigruppo da Cicchitto. Io dissi che l'intesa politica c'era ma la minoranza non doveva mettere un veto pretestuoso su Gaetano Pecorella alla Consulta, sennò noi non potevamo votare Orlando. Invece loro non hanno voluto Pecorella, che ha fatto con generosità un passo indietro, e noi abbiamo proposto Frigo, che era qualificato ma anche un illustre sconosciuto per quello che ci risultava. Quindi l'opposizione ha dimostrato di essere irresponsabile e sciagurata. Tanto più che cinque voti su 18 della minoranza non sono andati a Orlando». Ritiene che il Pd, in realtà, non volesse Orlando? «Non lo so. Ma so che da parte di Veltroni c'è stata l'incapacità di cogliere un'intesa offerta in più di un'occasione. E ho raccolto molti dissensi interni al partito nei riguardi del suo segretario a tale proposito e anche su altre vicende. Basta leggere che cosa dice Morri di lui...». E a Villari come si è arrivati? «Abbiamo parlato con numerosi esponenti del centrosinistra per verificare la loro disponibilità a ricoprire l'incarico. Non si escludeva neanche Felice Belisario, che è dell'Italia dei Valori come Orlando. Noi non abbiamo posto alcun veto sui nomi. Tutti, però, hanno ribadito che il candidato era l'ex sindaco di Palermo». Ma perché proprio Villari? «Era in condizione di ricoprire quel ruolo ed era una scelta che coniugava il rispetto della maggioranza e insieme favoriva l'accordo. Infine non c'erano reazioni negative da parte dei vertici istituzionali». Il suo auspicio è che resti lui alla presidenza della Vigilanza o che si dimetta per lasciare posto a un altro? «Per me può rimanere tranquillamente dove si trova, cioè sulla poltrona di presidente. Comunque dico di lasciarlo operare, o come presidente o comunque come "pacificatore"». La vicenda, tuttavia, dimostra che i partiti le mani sulla Rai le tengono sempre strette. Anche più pesantemenete di prima. È possibile che un giorno mollino la presa? «La mia legge riduce l'influenza dei partiti sul servizio pubblico radiotelevisivo. Basterebbe applicare quelle parti, non attuate finora, che prevedono la parziale e progressiva privatizzazione della Rai». Non crede che la commissione di Vigilanza abbia dimostrato in più occasioni la sua inutilità? Non sarebbe il caso di abolirla? «Non potrei appoggiare una proposta del genere per coerenza. Visto che la legge che porta il mio nome dà alla Commissione un ruolo nell'elezione del CdA di viale Mazzini».

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