Dietro le proteste i sobillatori della politica
Tra scioperi selvaggi dell'Alitalia, scioperi organizzati dei ferrovieri e dei tranvieri, occupazioni universitarie, cortei di studenti al grido di «no al decreto Gelmini», mi vengono in mente gli autunni degli anni Settanta quando la strategia della tensione dettava legge. Prevalgono gli interessi corporativi, ma, dietro alla nuova strategia della tensione, ci sono strumentalizzazioni che trovo vergognose. Non bastavano le bugie della sinistra a proposito dei tagli sulla scuola, adesso certi politici cominciano ad agitare la bandiera del disfattismo anche nelle assemblee autoconvocate. È il caso di Marco Ferrando, capo del Partito dei comunisti italiani, e del senatore della Repubblica Stefano Pedica (Italia dei valori), che, stando alle cronache, sono stati i veri agit-prop della riunione-fiume dei dipendenti Alitalia a Fiumicino, sfociata in uno sciopero a sorpresa di 24 ore deciso da una parte dei dipendenti della compagnia di bandiera con conseguente precettazione da parte del governo. Siamo alla logica del «muoia Sansone e tutti i filistei». Il Paese va alla malora? Chi se ne importa, basta che cali l'indice di popolarità del governo Berlusconi. Le famiglie sono in difficoltà economiche e gli italiani sono strangolati da «Aquila Selvaggia»? Fa lo stesso, basta che il centrodestra perda consensi. Politica suicida, ma anche miope, quella della sinistra. Perché Veltroni & C. non hanno ancora compreso che il signor Rossi non ne può più di un lassismo imperante; di una difesa a spada tratta di interessi particolari o di categoria (vedi piloti dell'Alitalia o baroni universitari); di un Paese che continua a gettare denaro pubblico nell'idrovora delle regalìe statali finendo così per abdicare a egoismi ben definiti. Siamo arrivati al punto, in una specie di «escalation» dei disservizi pubblici, che le Poste Italiane, come è capitato al sottoscritto, non garantiscono neppure l'inoltro delle raccomandate con ricevuta di ritorno nel senso che non arrivano a destinazione le lettere in andata, figuriamoci se vanno a buon fine le ricevute di ritorno. Siamo davvero un Paese che rischia di essere sempre più allo sbando, a meno che non si trovi - checché ne pensano Ferrando e Pedica - la maniera di rimettere subito la barra al centro. È vero che, in un momento di grave difficoltà nella congiuntura internazionale, non è più possibile usare il pugno duro e tirare la corda. E anche ieri il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nell'audizione alla Camera, ha confermato che il governo passerà alla «fase due» con misure in cantiere a favore delle famiglie e delle imprese dopo quelle varate a tutela del risparmio. Ma proprio perché è necessario allargare i cordoni della spesa statale per cercare di superare l'emergenza economica, bisogna usare il massimo rigore nel tentativo di eliminare sprechi e disservizi e di frenare le spinte corporative. Con buona pace di certi politici.