Caso Englaro, la Santa Sede: "Togliere il sondino sarebbe omicidio"
L'esponente della Santa Sede, in attesa della sentenza della Corte Suprema, ha voluto ricordare i confini etici invalicabili. «Sospendere idratazione e alimentazione in un paziente in stato vegetativo peggiora il suo stato, e la terribile morte per fame e per sete è una mostruosità disumana e un assassinio». Il porporato precisa che le sue parole non sono indirizzate al papà di Eluana, ma a chi «assumesse decisioni in questo senso». «L'accanimento terapeutico non si consiglia mai, ma l'idratazione e l'alimentazione non appartengono a questa categoria». Al di là delle posizioni di principio ribadite da Barragan, il caso di Eluana Englaro ha costretto l'episcopato italiano a rivedere, lo scorso settembre, la propria posizione sul testamento biologico. La Cei, da sempre contraria a decreti legislativi per sancire le volontà di un individuo rispetto alla propria morte, ha deciso che una legge sul «fine vita» appare ora il male minore, di fronte alla possibilità che la materia finisca per essere decisa a colpi di sentenze giudiziarie. Basti ricordare le parole di Giuseppe Betori, nella sua ultima conferenza stampa da segretario della Cei, prima di insediarsi come arcivescovo di Firenze: «I pronunciamenti giurisprudenziali» nella vicenda di Eluana mettono a rischio «la vita di tutti». Secondo i vescovi italiani, la legge non deve portare nè «ad abbandono terapeutico» nè ad «accanimento terapeutico»: l'idratazione e l'alimentazione - questo è un punto fondamentale per la Cei - non possono però essere considerate terapie e vanno dunque garantite. Così come, secondo i vescovi, non può essere il paziente a decidere sulla sua morte: l'ultima parola spetta sempre al medico, pur se in «comunione». con i familiari dell'assistito. La sentenza che la Corte di Cassazione si appresta a pronunciare avrà sicuramente contraccolpi sulle varie proposte di legge riguardanti il «fine vita» (termine gradito alla Chiesa cattolica) o il «testamento biologico» (impostazione più laica) all'esame del Parlamento. Qualche settimana fa, dalle pagine del nostro giornale, mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio della Vita nonchè cappellano di Montecitorio, aveva auspicato che fosse cercata una «soluzione condivisa e partecipata» da tutti. E aggiungeva: «Credo che sia importante in questo momento rispettare il lavoro parlamentare».