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Bicamerale, Berlusconi non si fida di Fini

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Posizioni che darebbero voce alla diffidenza suscitata in Silvio Berlusconi dall'apertura di un dialogo privilegiato sulle riforme tra il suo ex vicepremier e il presidente di Italiani Europei. Chi ha avuto modo di parlarne con il premier racconta infatti che il Cavaliere avrebbe visto quest'ultimo passo di Fini come l'ennesima presa di distanza, l'ennesimo step di un percorso politico individuale e ben distinto. Già in passato il Cavaliere aveva nutrito perplessità rispetto agli "smarcamenti" dell'allora leader di An. Oggi questa insofferenza sarebbe cresciuta, si sottolinea in ambienti parlamentari azzurri, di fronte alle ripetute prese di distanza che Fini assume dal pulpito privilegiato di Presidente della Camera. E Berlusconi, che già in passato si era trovato a dover gestire le posizioni distoniche dell'allora terza carica dello Stato Pier Ferdinando Casini, vede oggi ripetersi lo schema. Fini prima chiede il «rispetto» del Parlamento di fronte all'intenzione del premier di far massiccio uso dei decreti per sveltire l'iter delle leggi, poi annuncia il voto segreto sulla legge elettorale europea, poi contraddice di nuovo Berlusconi stoppando la fiducia sulla Finanziaria. E ancora: telefona a Walter Veltroni subito dopo la manifestazione al Circo Massimo, "istituzionalizza" il dialogo sulle riforme con D'Alema dando cadenza annuale ai workshop delle due fondazioni, mantiene con Giorgio Napolitano un rapporto forte che va al di là del galateo istituzionale. E anche la colazione da Gianfranco Fini una decina di giorni fa a Montecitorio, si ragiona in alcuni settori del Pdl, avrebbe convinto il premier che l'ex delfino di Almirante ora punta a dialogare con l'opposizione, proprio mentre il Cavaliere ha chiuso ogni spiraglio. Ecco quindi il dialogo a distanza tra i due. «C'è molta difficoltà a capire che l'assalto alla diligenza è finito», manda a dire Berlusconi a Fini da Mosca, dopo lo stop alla fiducia sulla Finanziaria. «Qualcuno stenta a comprendere che non si può prescindere da un confronto con le opposizioni nelle aule del Parlamento», ribatte il presidente della Camera senza nominare il premier parlando con i suoi. Intanto Fini e D'Alema si intendono perfettamente, in vista della riforma federalista, sulla necessità di fare dello Stato nazionale un «pilastro insuperabile». E ieri è il ministro azzurro Renato Brunetta a ribadire il secco no alla Bicamerale pronunciato ieri a caldo da Umberto Bossi. «C'è già una bicamerale che riguarda le Regioni, vorrei dire a Fini e D'Alema», chiude Brunetta. E Osvaldo Napoli, deputato Pdl: «Il lavoro parlamentare connesso all'attuazione dei decreti delegati è bene che avvenga in Parlamento, cioè nella solennità di un organismo costituzionalmente preposto a varare qualsiasi riforma». No alla Bicamerale, perciò. Plaude alla Bicamerale l'ex presidente della Camera Luciano Violante, autore della bozza per le riforme della quale Fini e D'Alema vogliono il rilancio. «È un modo per dare una mano al governo», afferma. Ma l'Udc Pier Ferdinando Casini invita a guardare piuttosto ad altre priorità:«Con tutto il rispetto per la Lega bisognerebbe pensare a dare ossigeno alle famiglie che non arrivano a fine mese».

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