Un Di Pietro, due volti

Ed è anche l'ultima già pronta. Appena annunciata, nel luglio scorso, e non ancora partita: «Prevediamo di partire nei tempi previsti dalla legge, e quindi dal 14 settembre in poi. Vogliamo innanzitutto abrogare le leggi sui finanziamenti pubblici e poi a tutte le leggi "ad personam", a seconda di quante questo governo ne farà approvare». Solo che poi quella raccolta di firme per il referendum contro i fondi pubblici ancora non è iniziata. Sarà un caso. Intanto Antonio Di Pietro incassa. Incassa ogni anno, regolarmente, il finanziamento pubblico ai partiti. Che, pur eliminato da molteplici referendum, rientra dalla finestra sotto falso nome: stavolta si chiama rimborso elettorale. E vuol dire che ad ogni elezione, di qualuqnue tipo, i partiti prendono un po' di soldini in base ai voti che ricevono e indipendentemente dal fatto che eleggano o meno qualche loro rappresentante. Tutto regolare, tutto legale. Ma le cifre, sopratutto di questi tempi, fanno il loro effetto. E così, l'Italia dei Valori, il partito dell'ex pm, incassa ogni anno più di cinque milioni di euro: 5.023.666,24 per la precisione. E nel corso della riunione dell'ufficio di presidenza della Camera, l'esponente dipietrista, Silvana Mura, che è tesoriera del partito, ha anche protestato perché le sembrava che al suo partito fossero stati sottratti dei soldi. E non aveva torto, visto che quest'anno il taglio ai fondi per i partiti è di circa il 9%: riguarda tutti, non solo Di Pietro. E come ci si arriva a questa somma? Idv incassa la cifra maggiore per effetto delle elezioni politiche scorse, 2,270 milioni per l'esattezza. Un altro milioncino arriva invece per le elezioni politiche del 2006. Uno può pensare: ma come? La legislatura è finita e ancora prendono i soldi. Ebbene sì, c'è da stropicciarsi gli occhi. In effetti è proprio così. La legge prevede che si ottengano i rimborsi per tutti i cinque anni di durata naturale della legislatura; e non importa che sia finita a nemmeno metà strada. Idv, ma anche tutti le altre formazioni politiche, continuano a percepire i rimborsi come se fosse ancora in piedi il governo Prodi. E quei fondi si sommano a quelli della legislatura in corso. Il partito dipietrista poi riceve altri proventi per per le elezioni regionali che si sono svolte nell'aprile del 2005. E sono altri 528.748 a cui vanno ad aggiungersi altri 78mila e poco più da spartirsi con i Comunisti italiani, partito con il quale presentarono liste in comune. Altri 26mila e 700 euro arrivano per le votazioni in Molise, regione in cui Di Pietro è elettoralmente fortissimo tanto da sfiorare il 9 per cento dei consensi. Sono 44mila invece gli euro derivanti dalla consultazione in Friuli Venezia Giulia dell'aprile scorso. Infine altri 13mila giungeranno per le Regionali in sardegna che si sono svolte nel 2004. Eppure, fuori dal Parlamento Di Pietro insiste della sua storica battaglia, che è appunto quella di abolire le sovvenzioni ai partiti a carico del contribuente. Una battaglia iniziata dal primo giorno in cui ha messo piede al Senato. E proseguito senza sosta. Neanche quando è andato al governo, tanto che l'ex pm annunciò che il suo partito, due anni fa, avrebbe presentato un emendamento alla Manovra: «Questa Finanziaria - disse Di Pietro - farebbe bene a contenere una riduzione del 50% delle spese a favore dei partiti perché si può campare lo stesso». Quindi spiegò più chiaramente: «Io vivo solo di finanziamento pubblico e mi avanzano i soldi, com'è possibile? Si può o non si può fare una politica prevedendo solo le spese necessarie?». L'anno dopo, impazza la polemica sulla Casta e lui ribatte: «Gli sprechi della politica vanno combattuti in via strutturale come il finanziamento pubblico dei partiti abnorme e in molti casi in frode al referendum del 1993». Nel giugno del 2008 annuncia il referendum la cui raccolta di firme sarebbe cominciata a settembre. Un grappolo di referendum, precisa. Finora s'è vista una vendemmia di euro.