Il Pd festeggia come se avesse vinto le elezioni
Dritto dritto alla presidenza degli Stati Uniti. Ormai non ci sono più dubbi: è anche grazie al Pd se Obama è diventato il 44° presidente Usa. Il primo nero. È stato Walter a sdoganarlo quando nessuno lo conosceva. A citare i suoi discorsi, a indicarlo come un modello da seguire. È stato lui a scrivere la prefazione della traduzione italiana del libro di Barack. E oggi che il sogno è diventato realtà, bisogna festeggiare. La cocente sconfitta del 13 e 14 aprile è lontana, spazzata via in un sol colpo. Il Pd scende in piazza e non per attaccare Berlusconi. Anche quello fa parte delle piccole cose della politica italiana. Stavolta la piazza (quella davanti al Pantheon) è tutta per Barack. Lì i Democratici hanno allestito un palco. Una gigantografia del neopresidente, una scritta a caratteri cubitali («Il mondo cambia»), un'orchestrina jazz per intrattenere i presenti, gli americanissimi cartelli blu «President Obama», qualche video strappalacrime e il gioco è fatto. Sul palco, dietro Walter, tutti i maggiorenti del Pd. Non manca nessuno perché questo è un giorno memorabile, c'è una vittoria da festeggiare. In fondo, come spiega Veltroni, quella dei Democratici è una grande famiglia: vince uno, vincono tutti. Qualcuno, come il suo braccio destro Giorgio Tonini, si spinge addirittura oltre: «La vittoria di Obama crea un contesto più favorevole per noi democratici italiani. È come navigare con il vento favorevole o controvento». Non solo, aggiunge, ma «rafforza la leadership» di Veltroni. C'è solo un piccolo neo in questa giornata di immensa gioia. Nonostante il caloroso messaggio inviato a Barack dal segretario del Pd («Caro senatore Obama la sua vittoria può cambiare il mondo»), nonostante la festa del Pantheon, quel «maleducato» del neopresidente non ha speso neanche una parola per ringraziare i suoi supporter italiani. Perché? Forse perché non li conosce. Veltroni non l'ha incontrato a Denver quando, insieme ad una delegazione Pd, ha partecipato alla convention democratica, né in Italia (il recente viaggio europeo di Barack ha toccato Berlino, Londra e Parigi). Per quello che si sa non gli ha mai rivolto la parola. E adesso che è presidente Usa c'è addirittura il rischio che Berlusconi, quello che ha vinto le elezioni italiane, lo incontri prima di lui.