Il democratico
Stretta intorno a Obama, Chicago lo ha guardato votare, scherzare, giocare a basket per rilassarsi e alla fine si è data appuntamento in un parco cittadino, sperando di salutarlo come 44mo presidente degli Stati Uniti. «Ho votato!», ha esclamato un Obama sorridente, di primo mattino, dopo aver infilato la scheda elettorale in un lettore ottico, non senza qualche preoccupazione («Spero funzioni, altrimenti sarà un serio imbarazzo», ha mormorato all'addetta al seggio). Insieme alla moglie Michelle e alle figlie Sasha e Malia, Obama si è presentato al seggio di una scuola elementare vicino alla sua abitazione di Hyde Park, l'elegante quartiere residenziale del South Side di Chicago dove vive. Reduce da quasi due anni di campagna elettorale e dal dolore per la morte della nonna alle Hawaii alla vigilia del voto, Obama è riuscito a mostrare un'immagine rilassata, ha stretto mani, abbracciato amici del quartiere, salutato la selva di telecamere e fotografi e scherzato un po': «Michelle ci ha messo un sacco di tempo, devo controllare per chi ha votato... ». Poi è partito per il vicino Indiana, dove ha spronato i volontari a dar battaglia fino all'ultimo in uno stato «rosso» (il colore dei repubblicani) che può cadere in mano ai democratici. «Se sono qui, è perché penso che possiamo vincere l'Indiana», ha detto. Infine, è stata la volta del ritorno a Chicago, della partitella a basket rilassante e scaramantica (è diventata un'abitudine nei giorni del voto), ma anche del costante monitoraggio sull'andamento della campagna. Il quartier generale di Obama, in un grattacielo nel centro di Chicago, ha coordinato per tutta la giornata elettorale l'enorme macchina organizzativa realizzata quest'anno dai democratici, con tecniche sofisticate per verificare, indirizzo per indirizzo, l'effettiva partecipazione al voto di milioni di americani. Un'attività capillare, a base di telefonate, visite porta a porta e sms agli elettori, che il mago della campagna, David Axelrod, ha messo in piedi grazie anche alla raccolta di soldi da record realizzata dalla campagna di Obama. Tra gli Stati di cui il candidato democratico non si è dovuto preoccupare troppo c'è il suo Illinois, dove è apparso da tempo avviato verso una vittoria a valanga. Chicago, in particolare, è «Obama City» in questi giorni. Girando in alcuni dei 2.568 seggi elettorali della città, affollati e con lunghe code come nel resto d'America, era possibile sbirciare spille e gadget di Obama che ricomparivano dopo il voto, appena lasciata l'area di 30 metri dalle macchine elettorali dentro la quale è vietato far propaganda. Ovunque è apparso palpabile l'entusiasmo che la città si è preparata a sfogare nella notte, nel gigantesco Grant Park, un parco incastonato tra i grattacieli, il Lago Michigan e la strada e il monumento dedicati al trasvolatore Italo Balbo, che qui atterrò al termine di una delle sue imprese. La folla ha cominciato ad affluire nel parco fin dall'alba, soprattutto nelle aree create per chi non rientrava tra i 65 mila fortunati in possesso di biglietti o tra i 7 mila membri dei media. Per Chicago forse si sta per aprire un nuovo capitolo in una storia in cui la tradizione dei neri ha un ruolo da protagonista.