Alitalia, ultimatum dei ribelli
Non è un ultimatum ma ci si avvicina molto. E se la soluzione più dura, quella dello sciopero per far restare a terra gli aerei di Alitalia, non viene annunciata a chiare lettere è solo perché ieri, dopo quattro ore di assemblea a Fiumicino, i vertici delle quattro sigle sindacali (una, l'Anpav, è stata espulsa in malo modo dalla sala dove si teneva la riunione) hanno deciso di chiedere a Cai ancora una volta di tornare al tavolo della trattativa. Per ridiscutere il contratto con il quale la cordata di imprenditori rileverà Alitalia ormai giunta al collasso. Ma se anche questo tentativo fallirà (cosa che in molti dentro l'assemblea giudicano assai probabile) la soluzione potrebbe essere quella dello sciopero. Ufficialmente, alle sette e mezza di sera, quando i quattro sindacalisti fanno entrare i giornalisti (insultati e lasciati fuori per tutto il tempo dell'assemblea) per spiegare le due mozioni approvate, tra gli elementi contestati a Colaninno e Rocco Sabelli non ci sono soldi e di retribuzioni. Anche se il tema è entrato più volte nel dibattito, compreso il famigerato punto dell'accompagnamento di piloti, steward e hostess da casa all'aeroporto. Sdl, Unione Piloti, Anpac e Avia insistono invece sui criteri di selezione del personale, sulla tutela del personale a maggior rischio, chi ha il part time, chi è single e ha figli a carico, chi ha familiari malati da assistere. «Vogliamo che si torni agli accordi firmati a palazzo Chigi a settembre - spiega Andrea Cavola di Sdl, il sindacato degli assistenti di volo — Non è corretto che quando ci sono diatribe sindacali si chiami il governo come arbitro. Noi non possiamo rinunciare al nostro ruolo negoziale e Cai deve venire al tavolo e rispettare gli accordi». Dunque rifiuto di accettare il contratto firmato il 31 ottobre tra Cgil, Cisl, Uil e Cai. «Non siamo dei viziati — sottolinea Fabio Berti dell'Unione Piloti — avevamo già firmato un accordo duro ma anche quello è stato completamente stravolto». L'assemblea del «Fronte del No» è fissata per le tre del pomeriggio nella sala mensa dell'aeroporto di Fiumicino. Ci sono steward, hostess, piloti, molti si sono portati anche i figli in carrozzina «perché non sappiamo dove lasciarli ma oggi è troppo importante essere qua». Rabbia e tensione si tagliano con il coltello e i primi a farne le spese sono i giornalisti. Che prima vengono lasciati fuori dall'assemblea «perché abbiamo bisogno di parlare da soli, tra di noi», poi vengono addirittura insultati dalle finestre. E se non ci scappa un parapiglia è solo perché prima che l'atmosfera diventi troppo calda intervengono un paio di dirigenti della polizia che riportano un po' di calma. L'assemblea inizia poco prima delle quattro, quando dentro la sala mensa — sedie e tavolini colorati che contrastano con un'atmosfera tesissima — ci sono un migliaio di persone. Passa mezz'ora e scoppia la prima contestazione: Massimo Muccioli, leader dell'Anpav, il sindacato che riunisce circa 500 iscritti, prova a prendere la parola ma viene zittito al grido di «buffone, buffone» ed è costretto ad andarsene. «È stato un agguato, un vero e proprio agguato nei miei confronti — si sfoga — Mi hanno accusato di aver firmato ma non è vero, io faccio parte del Fronte del no». In sala mensa, intanto, continuano gli interventi. Quando tocca a Fabio Berti, il leader dei piloti, cala il silenzio. Il vero trascinatore della protesta è lui, sa che può contare sulla maggior parte dei comandanti, sa che senza di loro gli aerei non possono volare. E mette questa minaccia subito sul piatto. «Se Cai non ritira le condizioni del contratto noi esprimeremo il nostro dissenso in tutti i modi». «L'offerta deve essere modificata, altrimenti gli aerei smetteranno di volare — annuncia tra gli applausi — Siamo pronti a una mobilitazione senza precedenti e se questo accadrà la responsabilità ricadrà tutta sul governo, sulle quattro sigle sindacali e su Cai che ha presentato l'offerta». Posizione che, alla fine, quando finalmente i giornalisti sono ammessi in sala mensa per il comunicato finale, viene smussata: «Non so dirvi cosa faremo domani — spiega Berti — Ma Cai deve tornare a rispettare gli accordi firmati a settembre». Alla fine l'assemblea approva due mozioni. La prima prevede che siano messe in campo tutte le azioni utili per «il ripristino di corrette relazioni industriali e sindacali con chi rappresenta realmente i voleri dei lavoratori di Alitalia appartenenti alle tre categorie: terra, assistenti di volo e piloti». Poi viene dato mandato alle organizzazioni sindacali e alle associazioni professionali «di trattare con Cai e il governo per l'ottenimento della massima tutela occupazionale, anche mediante il ricorso ad un esteso part-time», viene «rifiutata ogni forma di stesura dei contratti collettivi di lavoro unilaterale e non condivisa», e, allo stesso tempo, si indica la necessità di «indire frequenti assemblee per aggiornare i lavoratori sulla situazione e per prendere le decisioni conseguenti». Ultimo aspetto, l'appello alla Filt Cgil perché ritiri la firma al «lodo Letta» viste le dichiarazioni più volte rilasciate dal leader della confederazione Guglielmo Epifani sul concetto di democrazia e di rappresentanza sindacale.