Dice un consigliere di Mariastella Gelmini: «Le proteste? ...
E, allora, le manifestazioni nelle piazze? «Sono tutte sui tagli alle risorse, ma quelli non dipendono da noi bensì dal ministero dell'Economia: chiamate Tremonti», insiste il consulente. Ecco, chi pensa che la Gelmini si sia arresa, abbia intenzione di gettare la spugna, pensi alla frenata, sbaglia. Basta fare due chiacchiere con qualcuno del suo entourage per rendersi conto dell'aria che tira a viale Trastevere. Con lei, la ministra, non si parla. Da due giorni è sparita. Periodo di riposo, dicono. Telefoni staccati. Non rilascerà dichiarazioni per almeno due settimane. Niente uscite pubbliche almeno sino a metà mese, per quando si terrà la prossima manifestazione dell'università. Dopo si vedrà. Ma non vuol dire che per questo la Gelmini non sarà al lavoro. Anzi. Entro la fine del mese presenterà la riforma del sistema universitario. Non sarà un decreto legge, come fatto per la scuola. Ma almeno un disegno di legge. Più probabile due accompagnati da un decreto per la parte urgente, come le assunzioni dei ricercatori. I testi comunque non sono ancora pronti. Si parte dalle cifre. Spiega un parlamentare in costante contatto con la ministra: «Partiamo dai numeri. In Italia ci sono un milione e 400mila studenti, solo 700mila sono "frequentanti". Di contro tra docenti ordinari, associati e ricercatori, ci sono 35mila persone. Dovremmo avere dunque il miglior livello di laureati e invece ne sforniamo quanto il Cile che non è certo uno degli otto paesi più industrializzati del mondo. Qualcosa non va». Di sicuro al ministero tengono molto in considerazione gli avvertimenti che sono arrivati anche dal mondo universitario, da quanto scritto nei libri e sui giornali. Per esempio sulla scrivania del ministro campeggia un articolo di Francesco Giavazzi che ricorda come stanno per essere espletati nuovi concorsi per professori e ricercatori varati da Prodi e che rischiano di creare una situazione in cui «per dieci anni non ci sarà più posto per nessuno e ai nostri studenti migliori non rimarrà altra via che l'emigrazione». Se questo è il quadro la riforma punterà a una nuova valutazione del merito. Per esempio facendo funzionare l'agenzia nazionale per la valutazione messa in piedi da Mussi. D'altro canto a un ente terzo pensava anche la Gelmini allora deputata d'opposizione quando presentò la proposta di legge che avrebbe introdotto in Italia il sistema meritocratico. Insomma, il taglio non sarà orizzontale. O almeno questo è quello che immaginano a viale Trastevere. La sforbiciata di quasi un miliardo e mezzo sarà modulata in maniera diversa. Chi merita avrà più soldi, chi non merita dovrà mettersi in riga. Per comprendere, a Siena, l'università più disastrata (dal punto di vista finanziario) d'Italia, dovranno vedere come mettere mano al debitone accumulato: lo Stato non metterà più euro. Finita l'era delle facoltà di quartiere. La proliferazione delle sedi distaccate ha raggiunto livelli patologici. Ci sono 94 università e 320 sedi non in zone strategiche, come informa un dossier distribuito dalla presidenza del Consiglio. Non ci sarà il blocco totale del turn over, come stabilito dalla Finanziaria. Anche in questo caso ci sarà qualche cambiamento. Piccoli interventi. Possibile che si recuperino i 40 milioni di euro tagliati alle borse di studio per i più meritevoli che oggettivamente vanno contro lo spirito generale dell'azione al ministero. Via anche la possibilità di restare in cattedra sino ai 72 anni, sarà ridotto a 70; in arrivo nuove misure per favorire il ricambio generazionale. Addio anche alle tasse uguali per tutti. Le famiglie più ricche pagheranno di più, quelle più povere di meno. Perché, come ha spiegato Roberto Perotti nel suo «L'università truccata». Infine, c'è il capitolo politico. An e Lega sono insofferenti, vogliono più condivisione. La Gelmini s'era premurata di ringraziare in aula il senatore Giuseppe Valditara, aspirante sottosegretario. Forse non è bastato. Anche perché la Gelmini è la prima ministra che ha portato a termine una riforma vera. E si prepara già alla seconda. Qualcuno è invidioso.