Nicola Imberti [email protected] Mai lasciarsi ...
Una mossa popolare, soprattutto alla vigilia di uno sciopero generale. Un modo come un altro per cercare di cavalcare l'onda antigovernativa nella speranza, magari, di raccogliere un po' di consensi. Il giorno dopo, però, ecco affiorare i primi problemi. E non sono solo i mugugni interni al Partito Democratico dove, in molti, mal digeriscono l'inseguimento ad Antonio Di Pietro sul terreno antigovernativo e antiberlusconiano. A raffreddare l'entusiasmo dei Veltroni boys, oltre alla data della consultazione (che non si terrà prima del 2010 e cioè quando la legge Gelmini sarà entrata definitivamente in vigore), è soprattutto la difficoltà di trovare un quesito referendario che eviti al Pd di scadere nel ridicolo. Non è un segreto, infatti, che i tagli alla scuola, essendo inseriti in Finanziaria, non sono sottoponibili a consultazione popolare. Che fare quindi? Proporre un referendum sul grembiulino? Sul voto in condotta? Sul maestro unico? Che percezione ne avrebbe la gente? È questo il dubbio a cui sta cercando di dare risposta Salvatore Vassallo il costituzionalista, deputato del Pd, a cui Veltroni ha affidato il compito di trovare un quesito presentabile. Anche perché fare un referendum costa e in tempi di crisi economica non si possono certo dissipare risorse statali. Sarà forse per questo che ieri mattina, mentre sorrideva e stringeva mani a beneficio di fotografi e giornalisti che lo inseguivano durante il corteo, Veltroni ha prima rilanciato la raccolta di firme che «cancelli il decreto» e abbia per «protagonisti i cittadini, i professori, gli studenti». Poi, ha subito specificato, «cercheremo di fare un intervento più esteso possibile, con l'obiettivo di ridurre le ricadute dei tagli che sono rilevanti. Ci stanno lavorando i costituzionalisti per trovare una formulazione valida». Insomma qualche problema c'è, inutile nasconderselo. Sarà forse per questo che, lentamente, nel Pd si sta facendo strada una terza via che cerca di ridimensionare la portata della consultazione. Certo, l'ex ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni, resta convinto che «la gente arriverà al referendum sulla scuola con la baionetta tra i denti e la bava alla bocca». Anzi, a chi gli fa notare che la gente non potrà recarsi alle urne prima del 2010, replica: «Proprio questo rafforzerà il referendum. Fino ad oggi può esserci ancora un margine di dubbio che le conseguenze dei tagli che noi denunciamo possano essere evitate. Ma quando nella primavera del 2010 si voterà il referendum le famiglie avrenno toccato con mano dall'inizio dell'anno scolastico le devastazioni volute da Tremonti e Gelmini». Più soft la posizione del veltroniano Ermete Realacci: «Il referendum non è la soluzione ai problemi della scuola, però è lo strumento che consentirà di mantenere aperto il dibattito pubblico sulla scuola e sulle riforme che sono necessarie». Sulla stessa lunghezza d'onda il capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro che, intervistata dalla Youdem Tv, spiega come «l'idea che noi abbiamo è che questo referendum sia uno strumento, uno degli strumenti per discutere di scuola. Intorno alla raccolta delle firme si può raccogliere una riflessione e una discussione sul come si può mettere mano alla riforma della scuola». E anche il leader della Cgil Guglielmo Epifani mette le mani avanti: «Per il sindacato il referendum è sempre uno strumento che si aggiunge ad altri. Non può essere l'unico strumento». Insomma, l'impressione è che, alla fine, i sostenitori della consultazione potrebbero optare per una retromarcia tattica. Anche per non rimanere per sempre schiavi del «referendum del grembiulino».