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La Gelmini: «Pronti al dialogo È il Pd che vuole la guerra»

Mariastella Gelmini

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Pensieroso, ricalca i passi della battaglia parlamentare appena conclusa. E Quagliariello riflette ad alta voce: «Non siamo preoccupati perché chi protesta è una larga minoranza. Che ora è probabile tenda a sgonfiarsi. Poi verrà la riforma universitaria. E allora dovremo pensare a discutere. Magari attraverso una commissione bipartisan». Commissione bipartisan? «Sono ancora idee così, buttate lì. Vediamo come costruirle». Ecco, anche nella maggioranza affiora il pensiero del cambio. Del cambio di strategia. Certo, sul decreto legge per la scuola è stato come uno tsunami. Al ministero non prevedevano montasse sino a quel punto. Però è successo. Per esempio ad agosto la Gelmini pensava a una lettera aperta agli studenti per prepararli ai cambiamenti. Ne fu anche stesa una versione. Poi ritoccata, ne fu prevista una seconda. Insomma, l'ipotesi del dialogo non è mai tramontata. D'altro canto proprio la Gelmini ha sottolineato nella replica nell'aula del Senato giovedì scorso come in commissione dal Pd fossero arrivate aperture nel merito. Aprire. Aprire un nuovo capitolo sembra la parole d'ordine. Non più decreto ma un disegno di legge. Anzi, più disegni di legge in modo da tenere il dibattito sempre nel merito e senza generalizzazioni che possono scaturire da un provvedimento omnibus. Si tenta il dialogo. Almeno sino al primo pomeriggio, quando Veltroni annuncia che raccoglierà le firme per il referendum. Al ministero lo prendono male. «Ma di che parla Veltroni? Sul 133 non si può chiedere il referendum perché è un decreto finanziario. E allora su che cosa lo fa? Contro il grembiule? Contro il voto in condotta?», insiste un consigliere del ministro. Il clima cambia. Basta fare due passi nell'altro transatlantico, quello della Camera per trovare Giorgio Stracquadanio, altro consigliere politico della ministra, è su tutte le furie: «Ma quale dialogo. Veltroni soffia sul fuoco. Vadano pure avanti con il referendum, vogliamo proprio vedere chi lo firma. Poche decine protestano, sono tanti solo per Riotta». Arriva Jole Santelli, ha preparato una nota stampa. Lui la legge ed esclama: «Bene». Scrive la sanguigna Santelli: «Quello di Veltroni è il più grave strappo che si possa praticare nei confronti della corretta dialettica politica». E ancora: «O Veltroni non ha memoria della storia d'Italia oppure ha scoperto lo scontro di piazza cavalcando consapevolmente la tigre della protesta. Il tutto avviene mentre attraversiamo la crisi economica globale più grave dal '29. Alla faccia della responsabilità politica!». Riprende Stracquadanio: «Basta con le aperture. Abbiamo dato tutto quello che vogliono. Il capo della segreteria tecnica per l'Università della Gelmini è uno del Pd. Non prendiamoci in giro. Lo sanno benissimo che anche quelli del Pd che ci avvicinano e ci dicono che abbiamo ragione. Lo dicono nelle commissioni. L'altro giorno l'ha detto pure Fassino alla radio. Ora basta». E il dialogo è già finito.

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