Filippo Caleri f.caleri@iltempo.it Una nuova no tax area. E ...
E dunque detassare i redditi più bassi. Ritorniamo a una nuova tax area che ridia soldi e possibilità di spesa a chi sta pagando di più la crisi e cioè le fasce più deboli. Parla di chi guadagna tra 800 e mille euro? «Con quella cifra ci si paga a malapena il mangiare e il dormire. Evitiamo una tassa sulla sopravvivenza e lasciamo reddito per i consumi». Detassare le tredicesime come pensa il Governo non va bene? «Si parla di un costo enorme tra 8 e 9 miliardi di euro. Certo tra la detassazione totale e niente ci può essere una via di mezzo. Penso a un'aliquota più bassa. In ogni caso sono operazioni che, se avviate potrebbero far uscire denaro dalle casse dello stato, ma anche farlo rientrare sotto forma di Iva e maggiori tasse sui fatturati in crescita delle aziende». Ma le aziende non potrebbero decidere tutte insieme un taglio dei listini. E fare così la loro parte? «Non ci sono gli spazi. E poi in realtà la riduzione dei prezzi c'è già. Basta considerare la pletora di vendite sottocosto nei supermercati. Se le sommiamo il costo sopportato dalle aziende corrisponde a più di un taglio dei listini». Intanto i fatturati sono sempre in calo. Come se ne esce? «La crisi attuale è la più imponente che registriamo dal dopoguerra. Il calo dei consumi in realtà dura da quindici anni e ha avuto un'accelerazione da quando è arrivato l'euro. Gli stipendi sono rimasti fermi e è contemporaneamente si è dato via libera a nuovi centri commerciali con un aumento considerevole dell'offerta. Negli ultimi quattro anni sono stati aperti solo a Roma 2500 negozi. Non solo. Non si vende perché c'è mancanza di liquidità che si mischia al terrore mediatico degli effetti della recessione». I commercianti restano nel mirino Si parla del costo della rosetta e delle speculazioni dei fornai. È importante. Ma l'economia della famiglia è messa a rischio dalla bolletta della luce e dalle rate dei mutui variabili. Anche le banche fanno la loro parte. Hanno i loro problemi «Appunto. Sollecitati dalla crisi finanziaria drenano liquidità e la tolgono al consumo. Offrono remunerazioni elevate ai correntisti con le formule di deposito. E quando lo prestano alle imprese sono costrette ad aumentare il tasso di interesse». Cosa vi serve? «Fondi ai Confidi per aiutarci a patrimonialiazzare le aziende e un costo del denaro, in banca e non a livello Bce, più basso».