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dall'inviato Una rosa per i compagni d'arme di papà ...

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Antonino La Russa, padre dell'attuale ministro, combattè, fante della «Pavia», quella battaglia. «Mio padre non si è mai sentito un reduce», esordisce il ministro La Russa in attesa di accogliere il capo dello Stato ai piedi del sacrario che rende omaggio ai 5000 caduti italiani. «Non ci parlava di quello che aveva vissuto in quei momenti - continua La Russa - diceva che bisognava guardare avanti. Che c'era molto da fare. Così non è mai tornato a El Alamein. Non so se per una scelta sua». I racconti scarni ritornano alla memoria del ministro che cela la sua commozione. «Ma quella battagla violenta con i furiosi bombardamenti inglesi che martellavano le postazioni italiane mi ha sempre interessato. Volevo conoscere quella parte di storia che aveva visto mio padre protagonista». Orgoglioso La Russa ricorda: «Furono accerchiati e ormai senza munizioni dovettero arrendersi. Papà fu fatto prigioniero». «Restò qui in Egitto. Non ricordo dove. Mia madre per due anni non ebbe notizie - e la commozione vela lo sguardo di Ignazio La Russa - Lui non fu collaborante così rimase prigioniero fino all'estate del 1946». Quattro anni in campo di concentramento che lasciano interdetti gli astanti, generali e ufficiali di lungo corso. Superata l'orgogliosa malinconia il ministro torna ai temi d'attualità. «Oggi è un giorno di festa perché onora valorosi italiani - dice soddisfatto - il 4 novembre sarà un altra giornata che celebrerà l'unione. E il 9 novembre tutti in piazza sempre per unirsi con le Forze armate». Ci sarà anche Veltroni? «La nostra piazza unisce non divide e se Veltroni vorrà sarà in prima fila con tutti noi. Non ci sarà un palco non ci saranno protagonisti. Solo i giovani militari». E la guerra combattuta qui a El Alamein?. «Mussolini fece un errore enorme. Se avesse visto l'elenco telefonico di New York la guerra non l'avrebbe mai fatta». Mau.Pic.

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