Filippo Caleri [email protected] Il mercato finanziario è ...
Il solo Dow Jones, e cioè l'indice più rappresentativo di Wall Street, in poco più di trenta giorni ha perso il 30% del suo valore. E ieri la paura di un crollo stile 1929 (da segnalare la ricorrenza: il grande crac accadde proprio il 24 ottobre di 79 anni fa) ha fatto temere il rinvio dell'apertura della borsa di New York. Allarme rientrato grazie ai dati del settore immobiliare degli Stati Uniti che hanno segnato un aumento delle case esistenti vendute (+5,5%). Un piccolo segnale positivo che ha rasserenato i mercati, investiti da un nuovo tsunami. Wall Street ha chiuso in calo con il Dow Jones già del 3,59% e il Nasdaq sotto del 3.23%. I crolli erano iniziati, infatti, sin dal mattino in Asia, con un tonfo a Tokyo del 9,6%, per proseguire a domino tra le Borse europee mandando in fumo 230 miliardi di capitalizzazione. A innescare le vendite è stata soprattutto l'ondata di allarmi sugli utili da parte di alcune delle società a maggior capitalizzazione. La recessione, secondo la lettura dei mercati (e dell'Ocse che ieri ha detto che sarà «persistente») è già iniziata e si prospetta anche peggiore del previsto. Così, nonostante il taglio alla produzione deciso dai Paesi aderenti all'Opec, anche il petrolio è andato giù, schiacciato poco sopra i 63 dollari al barile (-5,3% a 64,22 dollari). Stesse apprensioni alla base della frenata dell'euro, andato sotto la soglia degli 1,25 dollari e ai livelli più bassi dall'ottobre 2006, sui timori per il quadro economico europeo e l'apprensione per la forte esposizione delle banche del Vecchio Continente sui mercati emergenti. La recessione è giù concreta in Gran Bretagna che ha visto un calo dello 0,5% del Pil nel terzo trimestre, peggiore del previsto e in frenata per la prima volta dal 1992. In Italia le vendite hanno dominato l'intera seduta del listino milanese. Il Mibtel ha ceduto il 4,96% a 15.390, mentre l'S&P/Mib è arretrato del 5,61% a 19.879 punti. Valori così bassi rischiano di avviare un'offensiva dei fondi sovrani sui gioielli italiani. Uno dei possibili interessati ha però smentito: «Se l'Italia vuole mettere un tetto all'ingresso di fondi sovrani stranieri noi rispetteremo la percentuale, se l'Italia dice il 5% lo rispetteremo, se dice il 2% lo rispetteremo» ha detto il presidente del parlamento degli Emirati Arabi Uniti, Abdul Aziz Al Ghurair in visita ufficiale in Italia. Intanto ieri è arrivato lo stop alla rottamazione. Il premier Berlusconi ha detto che «non è mai stata prevista». Il governo sta studiando «misure di sostegno all'economia reale», ha assicurato il Cavaliere da Pechino, ma non saranno incentivi intesi in senso tradizionale, come per esempio la rottamazione. Ipotesi ventilata nei giorni scorsi dal ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola.