«Finora hanno protestato 40mila studenti su un milione»
È questo in sintesi il risultato della riunione tecnica che si è svolta ieri pomeriggio al ministero dell'Interno. Presenti il sottosegretario Alfredo Mantovano, il capo della Polizia Antonio Manganelli, il capo di stato maggiore dell'Arma dei Carabinieri Leonardo Gallitelli, il direttore dell'Aisi Giorgio Piccirillo e il vicecapo di Gabinetto del ministero dell'Interno Pasquale Piscitelli. L'incontro, in realtà, doveva servire per mettere a punto la linea dura del governo contro le occupazioni di licei e università. Ma un po' la retromarcia del premier, un po' la paura di soffiare troppo sul fuoco delle polemiche, ha trasformato la riunione in un semplice monitoraggio della situazione. Così, alla fine, si sa che il dissenso nei confronti del «decreto Gelmini» ha avuto finora modo di sviluppari in circa 300 manifestazioni dal 1 al 23 ottobre con 150 scuole e 20 facoltà universitarie occupate. Non solo, ma si conta che su un milione e mezzo di studenti, in tutto il Paese, hanno partecipato alla protesta non più di 40.000 ragazzi. Insomma, in un Paese che conta quasi cento atenei con circa 6000 corsi di studio e oltre 6.500 scuole secondarie superiori, si tratta di una protesta alquanto circoscritta. Questo non significa che il Viminale resterà con le mani in mano. Si sa bene che il rischio di infiltrazioni e degenerazioni è sempre dietro l'angolo. Per questo, pur garantendo la piena possibilità di dissenso (secondo i dati forniti il 30% delle trecento manifestazioni che si sono svolte non erano autorizzate), il ministero continuerà a vigilare e si augura che il tutto avvenga nel «rispetto della legge e degli altrui diritti». Per questo, avverte la nota diramata al termine dell'incontro, ci sarà «fermezza e determinazione nel prevenire qualsiasi tipo di degenerazione violenta, i cui responsabili saranno identificati e denunciati all'autorità giudiziaria». Parole, queste ultime, che sono un messaggio chiaro a chi punta a «cambiare» la natura della protesta. Tutti i presenti hanno infatti ripetuto che «certamente» il dissenso ha un'origine «spontanea». Ma «altrettanto certamente - dicono le fonti - c'è stata una strumentalizzazione da parte di quei settori della politica direttamente interessati». E infatti sia l'Aisi, sia le forze di polizia avrebbero messo sul tavolo un'ulteriore informazione: il messaggio che sta circolando tra alcuni centri sociali, soprattutto quelli delle grandi aree urbane, è che non ci si può far sfuggire questa occasione. E, anche se si tratta di un'idea alla «fase primordiale» che «non allarma», richiede un approfondimento investigativo e un costante monitoraggio. Ultimo messaggio a presidi e rettori: «Si auspica una chiarezza di posizioni per tutto ciò che ricade all'interno delle scuole e degli atenei, per permettere la continuità didattica e per rafforzare la prevenzione di possibili atti violenti. Ci si augura, altresì, che la disponibilità oggi manifestata dal ministro Gelmini ad aprire uno spazio di confronto fondato sulla realtà dei fatti trovi corrispondenza in chi ha animato la protesta, e contribuisca a rendere il confronto medesimo più sereno».