Santo Versace: "La politica si rifaccia alla moda"
Il tutto poi con un imperativo di fondo: si va avanti solo con la meritocrazia! Per fare questo non c'è bisogno di arrivare alle passerelle in Transatlantico o ai backstage a Palazzo Madama. Basterebbe semplicemente che la politica italiana guardasse, e «imitasse» un po' il mondo del "made in Italy", «se così fosse le cose andrebbero sicuramente meglio». Santo Versace, neo deputato del Pdl, ne è convinto. L'imprenditore calabrese, tra i banchi del Parlamento da pochi mesi - anche se precisa: «Ho sempre seguito la politicao» - si divide tra gli impegni istituzionali e quelli aziendali. Il suo ufficio, nel palazzo della Camera dei deputati che affaccia su piazza San Silvestro, è pieno di libri e foto sull'omonima casa di moda, la maggior parte sul fratello Gianni. Il parlamentare Pdl arriva trafelato. Stile "total black" (giacca e camicia), con una piccola "Medusa" (logo della Maison) sulla cravatta. E dà subito la prima stilettata: «Se solo la politica e il made in Italy si alleassero...». Cosa intende per alleanza? «Se la politica capisse fino in fondo l'importanza del "made in Italy" e lo appoggiasse in pieno si andrebbe molto più avanti. Non parlo di soldi, anche perché queste sono aziende che si autofinanziano. La politica deve appoggiare la comunicazione del fare». Cominciando da dove? «Educando i giovani su un concetto fondamentale, quello cioè che non bisogna cercare il posto fisso ma il lavoro. Invece oggi succede il contrario, possibilmente si cerca lo stipendio senza lavorare. Poi, bisogna abbattere la burocrazia». Cos'è che la moda ha e che invece manca alla politica? «Nella moda puoi lavorare solo se ami davvero quello che fai, se hai grinta e passione. E poi, soprattutto, nella moda devi applicare la meritocrazia assoluta, perché se c'è un elemento che si distingue dal resto della squadra il risultato finale non sarà di certo il migliore. Quindi, va cambiato». Quindi secondo lei in politica non esiste la meritocrazia? «No, perché molto spesso si danno incarichi per amicizia, lealtà e fedeltà. Chi è più amico fedele del cane? Ho detto tutto». Veniamo alla sua esperienza politica. Perché si è candidato con Berlusconi? «Lo conoscevo già da tempo, da quando faceva l'imprenditore. L'ho sempre stimato molto. Dopo la caduta del governo Prodi, Bruno Ermolli (l'imprenditore ndr) mi chiese di candidarmi. Lo fece anche Formigoni, persona che conosco molto bene». In passato però era di "opinioni" diverse. «È vero. Fino al '92 ho sempre votato a sinistra, per l'esattezza ero con i socialisti. Dal '93 in poi, e quindi con "Mani Pulite", ho fatto la mia scelta». È vero che la moda romana soffre della sindrome del "brutto anatroccolo" rispetto a quella milanese? «Roma è la città della "Dolce Vita", è la città che per qualche decennio ha avuto i più belli atelier del mondo, vestendo donne bellissime. Poi però, nella storia della moda, è normale che un centro diventi dominante rispetto agli altri. Succede in tutti i paesi. Milano ha un humus straordinario di imprenditorialità». E quindi perché non Roma? «Perché è la città delle istituzioni e della burocrazia». Da un po' di tempo è in corso un'operazione di rilancio di "via Veneto". Anche la maison Versace vi aprirà il suo show-room il 30 ottobre. «Non è cosa facile. Secondo me Roma dovrebbe, da una parte, mantenere le sue storiche sartorie: Sorelle Fontana, Sarli, Balestra, Valentino, Capucci. Dall'altra, dovrebbe puntare sui giovani, diventando la passerella dei nuovi talenti». Qual è lo stilista romano che le piace di più? «Frida Giannini. Sono contento che una giovane romana sia a guida del gruppo Gucci, leader nella scena internazionale». Ha un ricordo speciale di suo fratello Gianni? «Quando io ero alle superiori Gianni era alle medie. Io lo accompagnavo tutte le mattine a scuola. Una volta andai a parlare con i suoi professori per sapere come andava e uno di loro mi disse: "È un mese che non vedo suo fratello". Praticamente faceva finta di entrare». In cosa vi somigliate? «Nell'amore per il lavoro e per la cultura». Che rapporto ha con sua sorella Donatella? «Sono fratello maggiore e papà di Donatella. Anche se lei di papà non ne ha bisogno». Cambierebbe qualcosa nel look di Berlusconi? «Il presidente è perfetto così com'è. Forse, quando vuole essere sportivo, gli farei vedere i lupetti Versace: li ha fatti Gianni e io li uso da una vita». Tra le fila della maggioranza si dice che a sinistra vestono male. È vero? «C'è gente che veste in modo troppo sportivo, ci vorrebbe un filo di attenzione. Uno è che mi è simpatico, Roberto Giachetti: potrebbe essere il più elegante del Parlamento se si affidasse a Versace».